La storia dei principi mai nati e di Lavana

07 La storia dei principi mai nati

‘Ci fu un tempo, in una città che non esisteva, in cui vivevano tre principi coraggiosi e felici. Due di essi non erano nati ed il terzo non fu concepito. Sfortunatamente, tutti i loro parenti mordono ed i principi lasciarono la loro città natale per andare altrove. Cammina e cammina, ben presto però caddero svenuti, incapaci di sopportare il calore del sole. I loro piedi venivano bruciati dalla sabbia bollente e rigidi steli d’erba li ferirono.
Poi raggiunsero l’ombra di tre alberi, di cui due non esistevano ed il terzo non era nemmeno stato piantato. Dopo aver riposato là per qualche tempo ed aver mangiato i frutti di quegli alberi, proseguirono ancora. Raggiunsero le sponde di tre fiumi, dei quali due erano asciutti e nel terzo non c’era acqua. In essi i principi fecero un bagno ristoratore e calmarono la loro sete. Quindi raggiunsero un’enorme città che stava per essere costruita. Entrandovi trovarono tre palazzi di estrema bellezza, dei quali due non erano stati costruiti affatto ed il terzo non aveva muri.
Entrarono nei palazzi e trovarono tre piatti d’oro, due di questi erano stati spezzati a metà ed il terzo era in frantumi. Presero quello che era ridotto in frantumi, poi presero novantanove grammi di riso meno cento e lo cucinarono, quindi invitarono tre santi ad essere loro ospiti. Di questi, due non avevano corpo e il terzo non aveva bocca.
Dopo che questi santi ebbero mangiato il cibo, i tre principi consumarono il resto di ciò che avevano cucinato è ne furono molto compiaciut4 così vissero in quella città per lunghissimo tempo in pace e gioia Figlio mio questa è una leggenda molto bella. Ti prego, ricordala sempre e diventerai un uomo sapiente.
0 Rama, ciò che è conosciuto come creazione del mondo non è più reale della storia raccontata al giovane. Questo mondo non è altro che pura allucinazione, non è altro che un’idea. Nell’Infinita Coscienza sorse l’idea della creazione e questo è ciò che è.
L’ego non è altro che un’idea basata su una falsa associazione del Sé con gli elementi empirici.
Quando esiste soltanto l’Uno, come è sorto ciò che è chiamato ego? In effetti, questo ego non esiste, non più di quanto esista un miraggio nel deserto. Perché o Rama, ti dichiari vincolato e poi ti angosci? Perché, come e da chi è stato vincolato il Sé infinito? Non c’è divisione nel Sé, poiché l’Assoluto, Brahman, è tutto questo. Che cosa allora è chiamato schiavitù?
E solo in uno stato di ignoranza che pensi di sperimentare il dolore, sebbene tu ne sia intoccato; queste cose non esistono nel Sé.
Il Sé non è distrutto quando il corpo cade. Persino la mente non cessa di esistere fino a che non viene bruciata nel fuoco della conoscenza del Sé: tanto meno il Sé.
E questa ignorante tendenza della mente all’auto-limitazione che fa vedere l’Infinito come finito.
Comunque, proprio come il sole disperde la nebbia, l’indagine nella natura del Sé disperde questa tendenza ignorante auto-limitante. In effetti, il desiderio stesso di intraprendere questa indagine è in grado di provocare un cambiamento.
Quando la mente viene purificata dal suo passato con il sorgere della saggezza, essa abbandona le sue tendenze precedenti. La mente cerca il Sé soltanto al fine di dissolversi nel Sé. Questa invero è la natura della mente. Questa è la Meta Suprema, o Rama. Sforzati di conseguirla”.
A questo punto, un altro giorno giunse a termine.
La mattina dopo, Vasistha continuò: “Ti prego, o Rama, ascolta un’interessante leggenda che illustra il potere illusivo della mente:

La storia di Lavana

“In un paese conosciuto come Uttarapandava, nella cui foresta dimoravano dei saggi ed i cui villaggi erano magnifici e prosperi, regnava un re conosciuto come Lavana, un discendente del famoso re Harischandra. Era retto, nobile, leale, caritatevole e, sotto ogni aspetto, era un degno re. I suoi nemici erano stati tutti conquistati e i loro seguaci non potevano nemmeno pensare a lui senza essere colti dalla febbre dell’ansietà.
Un giorno, un giocoliere entrò nella corte e salutò il re dicendo: ‘Ti mostrerò ora qualcosa di meraviglioso’ e mentre faceva ondeggiare un mazzo di penne di pavone, entrò nella corte un cavaliere che conduceva un magnifico cavallo che chiese al re di accettarlo come dono.
Il giocoliere chiese al re di cavalcare quel cavallo e di aggirarsi liberamente: il re vide il cavallo, poi chiuse gli occhi e sedette immobile. A quella vista, tutte le persone riunite a corte si fecero silenti. Regnava una pace assoluta e nessuno osava disturbare il re”.
Vasistha continuò: “Rama, dopo qualche tempo il re aprì gli occhi e cominciò a tremare come fosse in preda alla paura. Mentre stava per cadere, i ministri lo sostennero. Stupito nel vederli, il re chiese: ‘Chi siete e che cosa mi state facendo?’
I ministri, preoccupati, gli risposero: ‘Signore, tu sei un potente re di grande saggezza e tuttavia questa illusione ti ha sopraffatto. Che cos’è accaduto alla tua mente? Soltanto coloro che sono attaccati ai piccoli oggetti di questo mondo e alle false relazioni di moglie, figli, ecc., sono soggetti ad aberrazioni mentali, non uno come te, devoto al Supremo. Inoltre, soltanto colui che non ha coltivato la saggezza è colpito da incantesimi malefici, da droghe, non uno la cui mente è pienamente sviluppata.
A queste parole, il re riguadagnò parzialmente il suo equilibrio, anche se, guardando il giocoliere, tremò di paura e gli disse: ‘0 mago, che cosa mi hai fatto? Hai gettato una rete di illusione su di me. In verità, persino il saggio è sopraffatto dalla magia di maya. Anche se sono ancora in questo corpo, nel giro di un breve periodo ho sperimentato meravigliose allucinazioni’.
Volgendosi ai membri della corte, il re raccontò le esperienze vissute durante l’ora precedente: ‘Non appena vidi questo giocoliere che faceva ondeggiare il suo mazzo di penne di pavone, balzai sul cavallo che stava di fronte a me e sperimentai una leggera illusione mentale.
Poi partecipai ad una spedizione di caccia e il cavallo mi condusse in un arido deserto dove non cresceva nulla, dove non c’era acqua e faceva molto freddo. Sperimentai una grande angoscia. Trascorsi là l’intero giorno e più tardi, cavalcando ancora quel cavallo, attraversai nuovamente il deserto e ne raggiunsi un altro che era meno tremendo. Riposai sotto un albero e il cavallo scappò via. Poi il sole tramontò. Spaventato, mi nascosi in un cespuglio. La notte fu più lunga di un’epoca.
Poi, il giorno albeggiò, sorse il sole ed un po’ più tardi vidi una ragazza dalla pelle scura, vestita di abiti neri, che portava un piatto di cibo. Mi avvicinai e le chiesi da mangiare: ero affamato. Ella mi ignorò ed io la seguii. Alla fine disse: ‘Ti darò il cibo se acconsentirai a sposarmi’.
Accettai poiché la sopravvivenza era la prima e più intensa considerazione in quel momento. Mi diede il cibo e, più tardi, mi presentò a suo padre che era ancora più spaventoso a guardarsi.
Presto raggiungemmo il loro villaggio, dove abbondavano sangue e carne. Fui presentato a tutti come il marito della ragazza e fui trattato con grande rispetto. Mi intrattennero con storie terribili, vere sorgenti di dolore. Poi, nel corso di una cerimonia diabolica, sposai quella ragazza’.
Il re continuò: ‘Divenni ben presto un membro di quella tribù primitiva. Mia moglie diede nascita ad una figlia, sorgente di ulteriore infelicità per me. Nel corso del tempo nacquero altri tre bambini.
Passai molti anni in quel luogo, soffrendo le agonie di un uomo con moglie e figli da nutrire e proteggere. Tagliai legna e spesso, di notte, dovetti dormire sotto un albero. Quando faceva freddo mi nascondevo in un cespuglio al fine di tenermi un po’ al caldo e la carne di maiale era la mia dieta ordinaria.
Il tempo passò e diventai vecchio. Cominciai a commerciare in carne. Portavo la carne ai villaggi sulle montagne Vindya e vendevo la parte migliore. Ciò che non poteva essere venduto con un decente profitto lo tagliavo a pezzi e lo seccavo in un luogo terribilmente sporco. Spesso, quando ero afflitto dalla fame, lottavo con gli altri membri della tribù per un pezzo di carne da mangiare. Il mio corpo era diventato nero come il carbone.
Così, essendo impegnato in attività peccaminose, anche la mia mente era diventata incline al peccato. I buoni pensieri e i nobili sentimenti mi avevano abbandonato. Il mio cuore aveva perso ogni compassione, proprio come un serpente perde la sua pelle.
Con l’aiuto di reti, trappole ed armi causavo grandi sofferenze a uccelli e ad altri animali. Vestito soltanto di un perizoma, sopportavo l’inclemenza delle intemperie.
Così passai sette anni. Vincolato alle funi delle cattive tendenze, ero pieno d’ira ed usavo parole offensive, piangevo per le mie sfortune e mangiavo cibo avariato.
Vissi a lungo in quel luogo, spinto di qua e di là come una foglia secca nel vento, come se la mia sola missione nella vita fosse mangiare.
Poi ci fu la siccità e l’aria era così calda che sembrava lanciare scintille di fuoco. La foresta si incendiò e rimasero soltanto ceneri. Le persone morivano di fame. Inseguivano miraggi pensando che ci fosse acqua; scambiavano ciottoli per pezzi di carne e cominciarono a masticarli. Qualcuno cominciò persino a mangiare cadaveri. Qualcuno, così facendo, si masticò persino le proprie dita che erano state inzuppate nel sangue di quei cadaveri. Tale era la loro demente condizione causata dalla fame. Quella che una volta era una fiorente foresta, era stata trasformata in un enorme campo crematorio. Quello che era stato un bosco che dava piacere, risuonò con le grida agonizzanti dei moribondi’.
Il re continuò: ‘Così, afflitte dalla carestia, molte persone abbandonarono il paese ed emigrarono da altre parti. Qualcun altro, profondamente attaccato alla moglie e ai figli, perì in quella terra. Molti ancora furono uccisi da animali selvaggi. Anch’io lasciai il paese con mia moglie e i miei figli. Al confine di quel paese trovai la fresca ombra di un albero e, dopo aver posato a terra i ragazzini che portavo sulle spalle, riposai a lungo in quel luogo.
Il più giovane dei miei bambini era molto piccolo ed innocente e perciò era il più caro al mio cuore. Con le lacrime agli occhi mi chiese del cibo. Sebbene gli avessi detto che non c’era niente da mangiare, come fa un bimbo innocente, insistette nella sua richiesta, incapace di sopportare i morsi della fame.
Allora gli dissi disperato: ‘Va bene, mangia la mia carne’. Il bambino, senza pensarci un attimo, disse: ‘Dammela’. Fui mosso dall’attaccamento e dalla pietà. Vidi che il bambino era incapace di sopportare ulteriormente gli spasimi della fame . Decisi che il modo migliore per porre fine a quelle miserie era di porre fine alla mia vita. Alzai una pira funeraria con della legna che trovai nei dintorni e, mentre salivo su quella pira, tremai e mi ritrovai qui a corte, salutato da tutti voi’. E mentre il re pronunciava queste parole, il giocoliere svanì.
I ministri dissero: ‘Signore, non può essere un giocoliere, poiché non era interessato al denaro. Sicuramente qualche divina entità ha desiderato dimostrare a te e a tutti noi il potere dell’illusione cosmica. Da tutto ciò è chiaro che questa apparizione del mondo non è null’altro che il gioco della mente e la mente stessa non è altro che il gioco dell’Onnipotente, Infinito Essere’.
Vasistha disse: “Rama, io ero là in quella corte, a quel tempo, e così ho conosciuto tutto questo direttamente. Ecco come la mente vela la Realtà”.
Vasistha continuò: “All’inizio sorse una divisione nell’Essere Supremo, o Infinita Coscienza e l’Infinito divenne apparentemente sia l’osservatore che l’oggetto osservato. Quando questo osservatore cercò di afferrare o comprendere l’osservato, sorsero un misto di realtà ed ignoranza, o confusione. A causa di questa confusione, nell’Infinita Coscienza sorge il concetto di finito.
Poi, la mente finita genera innumerevoli idee, in se stessa, che l’indeboliscono e la conducono al dolore, che aumenta a dismisura.
Queste idee ed esperienze lasciano la loro impronta sulla mente, formando le impressioni, o tendenze condizionatrici, che per lo più sono latenti o sopite.
Ma quando la mente se ne libera, il velo svanisce in un attimo, come foschia al sorgere del sole e con esso svanisce anche il grande dolore.
Che cos’è l’uomo se non la mente? Il corpo è inerte e insenziente. Non si può dire che la mente sia inerte, sebbene non si possa nemmeno dire che sia senziente. Ciò che viene fatto dalla mente è azione; ciò a cui la mente rinuncia è rinuncia. La mente è l’intero mondo; la mente è l’atmosfera, il cielo, la terra, il vento; la mente è grande.
Solo colui la cui mente è sciocca è chiamato sciocco. Quando il corpo perde la sua intelligenza, per esempio nella morte, il cadavere non viene definito sciocco. La mente vede: gli occhi vengono formati; la mente ode: le orecchie giungono in esistenza. Lo stesso avviene con gli altri sensi: è la mente che li crea. Essa decide ciò che è dolce e ciò che è amaro; ciò che è amico e ciò che è nemico; la mente decide la durata del tempo.
Il re Lavana sperimentò il periodo di un’ora come fosse stata una vita intera. La mente decide cosa è il cielo e cosa è l’inferno. Se la mente è padroneggiata, ogni altra cosa è padroneggiata, inclusi i sensi.
Vasistha continuò: ‘Che cos’è più misterioso, o Rama, del fatto che la mente sia in grado di velare la Coscienza Onnipresente, Pura, Eterna ed Infinita, facendola confondere con questo inerte corpo fisico? Se la mente è da qualche altra parte, il gusto del cibo che si sta mangiando non viene realmente sperimentato. Se la mente è altrove, non si vede quello che è proprio davanti a sé. La mente è capace di creare differenti stati di coscienza come la veglia ed il sogno.
La mente sperimenta ciò che essa stessa costruisce; la mente non è null’altro che ciò che è stato messo insieme dal pensiero! E la mente, in effetti, che a causa del costante pensiero pensa di essere nata, di morire e, sebbene non abbia forma, pensa di essere un jiva con un corpo.
Colui che non permette alla sua mente di aggirarsi tra gli oggetti di piacere è in grado di padroneggiarla; proprio come un individuo legato ad un palo non si muove, la mente di un uomo nobile non si muove dalla Realtà; solo costui è un essere umano, gli altri sono vermi, ed egli consegue l’Essere Supremo con la costante meditazione.
Vergogna a colui che è incapace di abbandonare le sue brame, poiché questo è il solo mezzo per raggiungere la Meta Ultima. Questo è facile ed è facilmente realizzabile. Non c’è altro sentiero per la propria salvezza che il controllo della propria mente, il che significa sforzo risoluto di abbandonare le proprie brame, prendere la ferma decisione di uccidere la mente, cosa facilmente raggiungibile senza il minimo dubbio.
Se non si sono abbandonate le brame della mente, allora le istruzioni di un precettore, lo studio delle scritture, la recitazione di mantra, ecc., hanno il valore di un filo di paglia.
La concettualizzazione, o immaginazione, produce il dolore e può essere facilmente eliminata dalla conoscenza del Sé. Quando viene così eliminata, si sviluppa una grande pace.
Perché sembra così difficile?”
Rama chiese: “Come mai, Signore, questo movimento irrequieto della mente può essere controllato con la forza senza causare un’irrequietezza ancora più grande?”
Vasistha rispose: “Naturalmente, non c’è mente senza irrequietezza. Essa è la natura stessa della mente. È il lavorio di questa irrequietezza della mente, basata sulla Coscienza Infinita che appare come questo mondo, o Rama, questo, in effetti, è il potere della mente. Ma, quando la mente è privata della sua irrequietezza, ci si riferisce ad essa come ‘mente morta’ e questo è tapas ed anche la liberazione. Quando la mente è così assorbita nella Coscienza Infinita c’è pace suprema, ma quando essa è coinvolta nei pensieri c’è grande dolore. L’irrequietezza stessa della mente è conosciuta come ignoranza o nescienza; è la sede delle tendenze (predisposizioni o condizionamenti). Distruggi tutto questo per mezzo dell’indagine, come pure con il fermo abbandono della contemplazione degli oggetti sensoriali di piacere.
La mente assume la forma stessa di quello che contempla, che sia naturale o coltivato. Perciò, risolutamente ma intelligentemente, contempla lo stato al di là del dolore, libero da ogni dubbio.
La mente è capace di controllare se stessa, in effetti non c’è altro modo. I saggi rimuovono dalla loro mente le manifestazioni delle tendenze latenti, o condizionamenti, che formano la mente, non appena esse si presentano; così viene rimossa la nescienza.
Innanzitutto distruggi il condizionamento mentale rinunciando alle brame, poi togli dalla tua mente persino i concetti di schiavitù e liberazione. Sii totalmente libero dal condizionamento!
Non sei l’agente di nessuna azione qui, o Rama, così, perché te ne assumi la paternità?
Quando Uno solo esiste, chi fa che cosa e come? D’altra parte, non essere nemmeno inattivo, poiché nulla si guadagna con ciò. Ciò che deve essere fatto dev’essere fatto. Perciò, riposa nel Sé.
Anche mentre compi tutte le azioni per te connaturali, se sei distaccato nei confronti di queste azioni, in verità sei il non-agente. Ma se anche non stai facendo nulla e sei attaccato a quella non-paternità, allora diventi l’agente.
Il potere che crea questa apparizione del mondo e lo fa girare, come la ruota del vasaio viene fatta girare continuamente dallo stesso, è la tendenza o condizionamento mentale.
È a causa di questo condizionamento che le differenze vengono viste negli oggetti di questa creazione. Sebbene sia sempre mutevole, crea in se stessa un’illusione di permanenza. Questo condizionamento mentale muore quando non viene nutrito dall’attaccamento agli oggetti ma, persino nell’assenza di tale attaccamento, continua a rimanere come potenzialità”.
Vasistha continuò: “Questa ignoranza o condizionamento mentale è acquisito dall’uomo senza sforzo e sembra promuovere il piacere ma, in verità, è un donatore di angoscia. Crea un’illusione di piacere solo velando completamente la conoscenza del Sé. Così fu in grado di far sì che il re Lavana sperimentasse in meno di un’ora quelli che sembravano molti anni.
Questa ignoranza, o condizionamento mentale, ha un’esistenza solo momentanea, tuttavia, poiché continua a fluire, sembra permanente, come un fiume. Poiché è in grado di velare la Realtà, sembra reale, ma quando si cerca di afferrarlo, si scopre che non è nulla.
Rama disse: “Com’è stupefacente che questa ignoranza abbia accecato l’intero mondo. Questa ignoranza, o condizionamento mentale, prospera sulle due forze gemelle del desiderio e della repulsione. Ti prego, dimmi il modo migliore per assicurarsi che non sorga più”.
Vasistha rispose: “0 Rama, proprio come l’oscurità scompare nell’accendere la luce, l’ignoranza scompare se ti volgi verso la luce del Sé. Sino a che non sorge una naturale brama per la conoscenza del Sé, sino ad allora questa ignoranza, o condizionamento mentale, proietta un illimitato flusso di apparizioni del mondo.
Rama, il desiderio è ignoranza, o condizionamento mentale e la fine del desiderio è liberazione. Questo avviene quando non c’è movimento del pensiero nella mente”.
Rama chiese: “0 Saggio, hai detto che quando l’ignoranza cessa di essere c’è la conoscenza del Sé. Che cos’è il Sé o Atman?”
Vasistha rispose: “0 Rama, da Brahma il Creatore fino ad uno stelo d’erba, tutto questo non è altro che il Sé. L’ignoranza è irrealtà non esistente. Non c’è una seconda cosa qui, conosciuta come mente. In quello stesso Sé, il velo che pure viene da Se stesso, fluisce, crea la polarizzazione di soggetto-oggetto e l’Infinita Coscienza allora viene conosciuta come mente.
Questo velo è un’idea, un’intenzione o un pensiero in quell’Infinita Coscienza. La mente è nata da quest’idea, o pensiero e la mente deve svanire con l’aiuto di un’idea, a di un pensiero; cioè, dal giungere alla fine dell’idea o del pensiero.
La ferma convinzione: “io non sono l’Assoluto Brahman” vincola la mente e la mente è liberata dalla ferma convinzione che ogni cosa è l’Assoluto Brahman.
Idee e pensieri sono schiavitù e il loro giungere alla fine è liberazione, perciò sii libero da essi e fai qualunque cosa dev’essere fatta, spontaneamente”.
Vasistha continuò: “Quando la mente dimora continuamente su idee stupide, diventa stupida. Quando essa dimora con costanza su idee illuminate e nobili, diventa illuminata. Quando il pensiero dell’ignoranza è sostenuto nella mente, l’ignoranza diventa fermamente stabilita. Ma quando il Sé viene realizzato, questa ignoranza viene dissolta.
Quello che non era all’inizio, non esiste nemmeno ora. Quello che era e perciò è ora, è il Brahman Assoluto. Questa contemplazione porta la pace, poiché quel Brahman è pace. Non si dovrebbe contemplare null’altro, in nessun momento, in nessuna maniera, in nessun luogo.
Non è forse una grande meraviglia, o Rama, che le persone dimentichino la verità che esiste solo l’Assoluto Brahman e siano convinte dell’esistenza dell’ignoranza irreale, non esistente?”
Dopo alcuni minuti di profonda contemplazione Rama chiese: “0 saggio, è davvero incredibile che questa nescienza non esistente crei un’illusione tale da far apparire questo mondo, non esistente, come fosse reale. Ti prego, spiegami ancora come sia possibile. Inoltre, spiegami perché il re Lavana paù ogni sorta di sofferenza? Ti prego dimmi, chi sperimenta tutte queste sofferenze?”
Vasistha rispose: “0 Rama, l’essere incarnato, che gioisce o soffre i frutti delle azioni passate e che indossa una varietà di corpi, è conosciuto come ego, mente e jiva. Né il corpo, né l’essere illuminato patiscono la sofferenza; solo la mente ignorante soffre. Perciò, l’essere incarnato che patisce la sofferenza è conosciuto come mente, ignoranza, jiva, condizionamento mentale e anche coscienza individualizzata.
Il corpo è insenziente e perciò non può né gioire né soffrire. La nescienza dà origine alla noncuranza e alla mancanza di saggezza. Perciò è soltanto la nescienza che gioisce o soffre. Invero, è solo la mente che nasce, piange, uccide, se ne va, insulta gli altri, non il corpo.
In tutte le esperienze di felicità e infelicità, come in tutte le allucinazioni e immaginazioni, è la mente che fa ogni cosa ed è essa che sperimenta tutto questo. La mente è l’uomo.
Ti narrerò ora la ragione delle sofferenze del re Lavana.
Lavana era un discendente di Harischandra. Un giorno Lavana pensò: ‘Mio nonno eseguì un grande rito religioso e diventò un grand’uomo. Anch’io dovrei eseguire lo stesso rito’. Quindi radunò i materiali e i sacerdoti necessari ed eseguì il rito mentalmente per un anno intero, mentre sedeva nel suo giardino. Poiché aveva completato con successo il rito religioso eseguito mentalmente, ebbe diritto ai suoi frutti”.
Vasistha continuò: “Io stesso fui un testimone della scena alla corte del re Lavana e quando tutti desiderarono sapere chi fosse quel giocoliere, dopo che era scomparso da corte, percepii la sua identità attraverso la mia visione sottile e scoprii che era un messaggero degli dei.
È tradizione che Indra mandi ogni sorta di afflizione per mettere alla prova chiunque si sia impegnato in quel particolare rito religioso che Lavana stava eseguendo mentalmente. Le allucinazioni che egli ebbe ne furono i risultati. Il rito fu eseguito dalla mente e le allucinazioni furono sperimentate dalla mente. Quando la stessa mente viene completamente purificata, ci si libera da ogni dualità e diversità da essa creata.
Equipaggiato con la saggezza, colui che gradualmente ascende i sette passi verso la perfezione nello yoga, consegue la liberazione”.
Rama chiese: “Signore, quali sono i sette passi a cui ti riferisci?”
Vasistha rispose: “0 Rama, ci sono sette passi discendenti verso l’ignoranza e ci sono sette passi ascendenti verso la saggezza.
Ora te li descriverò.
Rimanere stabiliti nella conoscenza del Sé è liberazione. In sua assenza, sorgono l’ego e la schiavitù. Lo stato della conoscenza del Sé è quello in cui non c’è agitazione mentale, né distrazione, né ottusità della mente, né ego, né percezione della diversità.
L’illusione che vela questa conoscenza del Sé è settuplice. Lo stato seme (potenziale) della veglia, la veglia, la grande veglia, il fantasticare (il sognare ad occhi aperti), il sogno, il sogno vigile ed il sonno.

Nella Pura Coscienza, quando la mente e il Jiva esistono soltanto nel nome, questo è lo stato seme della veglia.
Quando le nozioni di “io” e “questo” sorgono, è conosciuto come stato di veglia.
Quaado queste nozioni vengono rafforzate dalla memoria di precedenti incarnazioni, abbiamo la grande veglia.
Quando la mente è completamente immersa nelle sue stesse fantasie e ne è riempita, abbiamo il sogno ad occhi aperti.
Le false nozioni delle esperienze durante il sonno, che tuttavia sembrano essere reali, sono i sogni.
Nello stato di sogno vigile si ricordano le esperienze passate come fossero reali ora.
Quando questi stati sono abbandonati, a favore della totale, inerte, ottusità, abbiamo il sonno.
Questi sette hanno le loro innumerevoli proprie suddivisioni”.
Vasistha continuò: “Ti descriverò ora, o Rama, i sette stati, o piani della saggezza. Conoscendoli, non sarai preda dell’illusione.
Il puro desiderio, o intenzione, è il primo; l’indagine è il secondo; il terzo è quando la mente diventa sottile; lo stabilirsi nella verità o nel sattva è il quarto; totale libertà dall’attaccamento o schiavitù è il quinto; il sesto è la cessazione dell’oggettivare ed il settimo è al di là di tutti questi.
‘Perché continuare ad essere uno sciocco? Cercherò i santi e le scritture e coltiverò il distacco’: tale desiderio è il primo stato.
Poi uno si impegna nella pratica dell’indagine sul Sé, la diretta osservazione.
Da questo sorge il non-attaccamento e la mente diventa sottile e trasparente: questo è il terzo stato. Quando questi tre vengono praticati, nel cercatore sorge un naturale allontanarsi dai piaceri sensoriali e c’è un naturale dimorare nella verità o sattva: questo è il quarto stato.
Quando tutti questi sono stati ben praticati, abbiamo il totale non-attaccamento e, allo stesso tempo, una convinzione sulla natura della verità: questo è il quinto stato.
Quindi uno si rallegra nel proprio Sé, la percezione della dualità e della diversità sia all’interno di se stessi che all’esterno cessano e gli sforzi che uno ha fatto su ispirazione di altri portano frutto nella diretta esperienza spirituale: il sesto stato.
Dopo questo non c’è altro supporto, né divisione, né diversità e la conoscenza del Sé è spontanea, naturale e per sempre ininterrotta: questo è il settimo stato trascendentale. Questo è lo stato di uno che è liberato pur vivendo su questa terra.
Al di là di questo c’è lo stato di chi ha trasceso persino il corpo, turiyatita.
Rama, tutti quei grandi che ascendono questi sette piani della saggezza sono santi, sono liberati e non cadono nel fango della felicità e della infelicità. Essi possono, o meno, lavorare o essere attivi. Si rallegrano nel Sé e non hanno bisogno di altri per essere felici.
Il più alto stato della coscienza può essere conseguito da tutti, persino dagli animali e dagli uomini primitivi, da coloro che hanno un corpo e persino dagli esseri disincarnati, poiché comporta soltanto il sorgere della saggezza”.
Vasistha continuò: “A causa dell’ignoranza il Sé immagina un’esistenza egotistica, come se l’oro dimenticasse la sua condizione di oro pensando di essere un anello e piangesse e si lamentasse: ‘Ahimè, ho perso il mio stato di oro’.”
Rama chiese: “Signore, come possono sorgere nel Sé questa ignoranza e questo ego?”
Vasistha rispose: “Rama, si dovrebbero porre solo domande riguardanti la Realtà, non l’irreale. In verità non esistono né lo stato di anello privo d’oro, né l’ego limitato. Quando l’orefice vende l’anello, pesa l’oro, poiché è oro. Se si dovesse discutere l’esistenza della forma finita nella Coscienza Infinita, si dovrebbe paragonarla al figlio di una donna sterile.
L’esistenza dell’irreale è irreale; sorge nell’ignoranza e svanisce quando vi si indaga. Nell’ignoranza si vede l’argento nella madreperla, ma non può servire come argento, nemmeno per un attimo. Sino a che la verità che è madreperla non viene vista, l’ignoranza perdura. Proprio come non si può estrarre olio dalla roccia e come dall’anello si può ottenere solo oro, non ci sono due cose qui, in questo universo. Solo l’Unica, Infinita Coscienza risplende in tutti i nomi e le forme.
Senza che abbia una reale esistenza, c’è questa illusoria nozione dell’ego. Questo ego non esiste nel Sé Infinito.
Nel Sé Infinito non c’è Creatore, non c’è creazione, non ci sono mondi, né cielo, né esseri umani, né demoni, né corpi, né elementi, né tempo, né esistenza, né distruzione, né tu, né io, né sé, né quello, né verità, né falsità, non v’è nulla di tutto ciò; non c’è nessuna nozione di diversità, nessuna contemplazione, nessun piacere.
Qualunque cosa esista e sia conosciuta come l’universo, è quella Suprema Pace.
Non c’è inizio, non c’è mezzo e non c’è fine. Tutto è tutto in ogni momento, al di là della comprensione della mente e della parola. Non c’è creazione; l’Infinito non ha mai abbandonato la sua condizione di Infinito. Quello non è mai diventato questo.
Nell’ignoranza, l’Essere Supremo è visto come l’oggetto, come il mondo; proprio come lo spazio esiste nello spazio ed è una cosa sola con lo spazio, allo stesso modo ciò che appare come la creazione è Brahman, che esiste in Brahman come Brahman.
Le nozioni di lontano e vicino, di diversità, di qui e là, sono valide quanto la distanza tra due oggetti in uno specchio in cui viene riflessa un’intera città.
Vasistha continuò: “Il giorno successivo a questa esperienza allucinatoria, il re Lavana pensò: ‘Dovrei effettivamente andare in quei luoghi che ho scorto nella visione; forse esistono veramente’. E immediatamente partì con il suo seguito e si diresse a sud. Presto s’imbatté nelle stesse scene della sua visione e nello stesso tipo di persone che aveva visto allora.
Incontrò la stessa gente che aveva conosciuto durante la sua esistenza di membro della tribù. Vide persino i suoi figli disperati. Vide una vecchia donna che piangeva e gridava in agonia: ‘0 mio amato marito, dove sei andato lasciandoci tutti qui? Ho perso la mia bellissima figlia che aveva avuto la straordinaria fortuna di ottenere un bel re come marito. Dove sono andati tutti? Ahimè, li ho perduti!’ Il re l’avvicinò, la consolò e venne a sapere che era in effetti la madre della sua moglie tribale. Per compassione, donò loro beni a sufficienza al fine di soddisfare le loro necessità ed aiutarli a superare la siccità che aveva colpito l’intero paese, proprio come aveva visto il giorno prima. Dimorò tra loro per qualche tempo e poi ritornò al suo palazzo. Il mattino successivo il re mi chiese di spiegare il mistero e fu pienamente soddisfatto dalla mia risposta.
0 Rama, così il potere della nescienza è capace di creare una totale confusione tra il reale e l’irreale.
Rama chiese: “0 Saggio, questo è invero stupefacente. Come può essere che quel che viene visto in un sogno o in un’allucinazione, venga poi sperimentato nella realtà dello stato di veglia?”
Vasistha rispose: “0 Rama, tutto questo è ignoranza. La nozione di lontano e vicino, di un momento e di un’eternità, sono tutte allucinazioni. Nell’ignoranza il reale appare irreale e l’irreale sembra reale. La coscienza individualizzata percepisce ciò che pensa di percepire a causa del suo condizionamento.
A causa dell’ignoranza, quando sorge la nozione dell’ego, in quello stesso momento sorge anche l’illusione di un inizio, di un mezzo e di una fine”.
Vasistha continuò: “Nel suo stato ipnotico, il re Lavana ovviamente vide riflesso nella sua stessa coscienza il matrimonio di un principe con la donna tribale e lo sperimentò come se ne fosse stato il protagonista.
Un uomo dimentica ciò che ha fatto precedentemente nella vita anche se, a quell’epoca, aveva dedicato a quell’azione molto tempo ed energia. Allo stesso modo egli ora pensa di non aver sperimentato ciò che in effetti sperimentò. Tali discrepanze nella memoria si vedono spesso. Proprio come a volte si sogna un evento passato come se accadesse ora, Lavana sperimentò nella sua visione qualche episodio passato connesso con la tribù.
È possibile che gli abitanti della foresta, sulle pendici della catena Vindya, abbiano sperimentato nelle loro menti le visioni che apparvero nella coscienza di Lavana. È anche possibile che Lavana e gli uomini della tribù abbiano visto nella loro mente qualunque cosa fosse sperimentata dall’uno o dagli altri.
Queste allucinazioni diventano realtà quando sono sperimentate da molti, proprio come un'affermazione fatta da molte persone è accettata come vera. Quando queste affermazioni vengono incorporate nella propria vita, acquisiscono realtà propria. Dopo tutto, qual è la verità concernente le cose di questo mondo, se non il modo in cui vengono sperimentate nella propria coscienza?
La nescienza non è un’entità reale. La nescienza ed il Sé non possono avere alcuna relazione, poiché ci possono essere relazioni solo tra entità uguali o simili. Questo è ovvio nell’esperienza di tutti. In questo modo, ogni cosa nell’universo diventa conoscibile solo a causa del fatto che la Coscienza è Infinita.
Non è che il soggetto illumini l’oggetto che non ha luminosità propria, ma, poiché la Coscienza è tutto questo, ogni cosa è auto-luminosa, senza bisogno di un’intelligenza che percepisce. È per la Coscienza, che diventa consapevole di Se stessa, che l’intelligenza si manifesta quando la Coscienza percepisce un oggetto inerte.
Non è corretto dire che in questo universo c’è una mistura di senziente ed inerte, in quanto essi non si mescolano. Poiché tutte le cose sono piene di Coscienza quando questa Coscienza comprende se stessa c’è conoscenza; è possibile vedere una relazione tra un albero ed una roccia, sebbene sembrino essere inerti: tale relazione esiste nei loro elementi costitutivi fondamentali che hanno subito un certo tipo di cambiamento per diventare albero ed un altro tipo per diventare roccia.
Ciò si vede anche nel senso del gusto: le papille gustative della lingua rispondono al gusto del cibo a causa della loro somiglianza nella costituzione”.
Vasistha continuò: “Ogni relazione è perciò la realizzazione dell’unità già esistente; ed è considerata relazione soltanto a causa della precedente falsa ed illusa supposizione di una divisione tra soggetto ed oggetto.
In effetti, c’è soltanto un Tutto, l’Infinita Coscienza. Perciò, o Rama, realizza questo universo come l’Infinita Coscienza. Esso è riempito dalla magia del potere di questa Coscienza, tuttavia, nulla è accaduto, poiché il pieno non può essere riempito con qualcos’altro; inoltre, è riempito solo nel senso di uno spazio riempito da una città immaginaria.
Solo quando l’oro è dimenticato si vede il braccialetto. Il braccialetto è un’apparizione illusoria nell’oro; allo stesso modo avviene con le nozioni illusorie di nazione o di mondo e anche di ripetute nascite. Quando la falsa nozione del braccialetto viene rigettata, si realizza la verità dell’oro. Quando la falsa nozione del soggetto-oggetto viene rigettata, non c’è ignoranza a creare una divisione. È solo il pensiero che crea tutte queste divisioni ed illusioni: quando cessa, cessa anche la creazione. Allora si realizza che tutte le onde costituiscono un solo oceano, che le bambole sono legno, che i vasi sono terracotta e che i tre mondi sono l’Assoluto Brahman.
Tra la vista e ciò che viene visto c’è una relazione conosciuta come il vedente. Quando la divisione tra il vedente, la vista e il visto viene abolita, quello è il Supremo. Quando la mente viaggia da un paese all’altro, tra questi c’è la Coscienza Cosmica. Sii sempre Quello; la tua vera natura è distinta dalla limitata coscienza di veglia, di sogno e di sonno. È eterna, inconoscibile, non inerte; rimani sempre come Quello.
Rimuovi l’ottusità, sii stabilito nella verità del tuo cuore e che tu sia occupato nell’attività o nella contemplazione rimani sempre come Quello, senza bramare, senza odiare e senza essere coinvolto nella coscienza del corpo.
Perciò, rigetta la realtà della mente e sii sempre devoto al giusto pensiero e alla meditazione.
Ho investigato la verità concernente la mente per lungo tempo, o Rama, e non l’ho trovata. Esiste solo la Coscienza Infinita.”
Vasistha continuò: “Questo flusso di ignoranza apparentemente interminabile può essere attraversato solo per mezzo della costante compagnia dei santi. Da tale compagnia sorge la saggezza concernente ciò che è degno di essere cercato e ciò che dev’essere evitato.
Poi sorge il puro desiderio di conseguire la liberazione. Questo conduce ad una seria indagine e allora la mente diventa sottile, perché l’indagine assottiglia il condizionamento mentale. Come risultato del sorgere della pura saggezza la propria coscienza si muove nella Realtà.
Allora il condizionamento mentale svanisce e abbiamo il non-attaccamento. Non si è più schiavi delle azioni e dei loro frutti. La visione si stabilisce fermamente nella verità e la percezione dell’irreale viene indebolita.
Pur vivendo e funzionando in questo mondo, colui che è dotato di questa visione incondizionata fa ciò che dev’essere fatto come se fosse addormentato, senza pensare al mondo e ai suoi piaceri. Dopo alcuni anni di tale vita si è pienamente liberati e si trascendono tutti questi stati. Si è liberati pur vivendo.
Un tale saggio liberato non si esalta per ciò che ottiene, né si angoscia per ciò che non ha.
Quando il condizionamento mentale è vinto e la mente è resa perfettamente tranquilla, l’illusione che illude l’ignorante giunge a termine. Nel Sé non c’è desiderio; il mondo appare in esso senza alcun desiderio o intenzione da parte sua.

Così, o Rama, attraverso i miei precetti, la falsa nozione di una creazione e della sua esistenza è stata dispersa e la tua coscienza è diventata pura, priva di qualità.”