Swami Venkatesananda
Il Mantra è una formula,
una frase o una parola che
ripetuta costantemente,controlla
il movimento disordinato dei pensieri,
produce armonia nel corpo e nella mente,
promuove la
concentrazione
e traccia nella mente nuovi sentieri,
che prendono il posto dei
vecchi
schemi di pensiero.
Tutti
i giorni, persone d’ogni età e
temperamento
e di diverse religioni venivano a Rishikesh,
all’ashram
di Swami Sivananda, chiedendo: “Voglio praticare lo Yoga, desidero vivere
una vita spirituale, come devo cominciare?”
Allora,
invece di dilungarsi in splendide teorie, il maestro diceva:
“Ti darò un mantra,
ripetilo giorno e notte”.
Tratto da:
§
Yoga Today, Aprile 1983
§
Conferenza alla British Yoga
Federation, Bisham
Abbey, UK, 1980
di Swami
Venkatesananda
Traduzione e adattamento di Pasquale D’Adamo
Edizione italiana, ottobre 2005
Associazione Yoga Sivananda
Via Cinque Olivi, 4 - 66054 - Vasto CH
tel. 0873 520200- 368 3047087
g Japa h
“mananat trayate iti mantra”
Mananat ha il significato di “profonda contemplazione” o “saturare
la mente”; trayate significa “essere
salvato”. Il mantra è una formula che, saturando la mente la redime e ci
protegge.
Come
usare un Mantra
Se puoi sederti qui,
dimenticando tutto il resto e lasciare che la mente si saturi completamente del
mantra, allora puoi salvarti da tutti i problemi. Il metodo è semplice, però
non lo applichiamo, abbiamo un dubbio: “E’ possibile che questo risolva tutti i
miei problemi, annulli tutte le mie preoccupazioni?” Quel dubbio è il problema;
diamo valore solo a quelle cure che sono difficili e complicate, la nostra
mente è diventata così contorta che si ribella contro qualsiasi cosa semplice.
Ho un amico medico e
molti dei suoi pazienti sono spesso prossimi all’esaurimento nervoso: si
sentono malati pur non avendo alcuna patologia. Volendoli aiutare, il dottore
somministra loro un’iniezione d’acqua bi-distillata con molta cura e attenzione
e, miracolosamente, funziona! Se avesse detto loro che stavano bene, non ci
avrebbero creduto – troppo semplice! Pensiamo che ogni soluzione debba essere
sempre complicata, perchè è la nostra vita che è diventata così difficile.
Japa è una soluzione
molto semplice ai nostri problemi. E’ questo che il mio maestro Swami Sivananda
(che tra l’altro era medico) prescriveva a migliaia di persone che avevano
problemi. Siediti lascia che la mente tutta sia saturata con il mantra. Allora,
il problema che è fuori di te può restare, ma tu non ne sei più coinvolto, non
crei altri problemi, né lo complichi. Saturando la mente con il mantra stai
rinforzando le tue risorse spirituali interiori in modo che, quando poi ti
alzi, scopri che il problema si è dissolto.
Una
formula
La parola mantra ha
molti altri significati, che si possono trovare su un pur piccolo dizionario di
Sanscrito, come “consiglio utile”; anche un ministro (uno che dà consigli al
capo del governo) è chiamato mantri.
Per mantra s’intende poi una parola o un verso con un potere, usato per motivi
sacri o profani: la famosa “formula magica”; uno può anche non crederci, ma
bisogna vederlo per convincersi.
Per esempio c’è un
mantra che cura l’effetto della puntura di uno scorpione velenoso; l’ho visto
io stesso, è incredibile. La persona che ripete questo mantra può essere uno
qualunque, anche una persona per niente spirituale o religiosa, ma, se
attraverso una precisa pratica, ha acquisito la padronanza di quel mantra,
appoggia la mano sulla parte punta e ripete il mantra – non chiedetemi come, ma
l’effetto del veleno è annullato. Ma, con le formule magiche bisogna essere
molto cauti: vi sono delle regole precise su come e quando ripeterle, che abiti
indossare, in che direzione e su quale tappeto essere seduti, ecc. Se fai un
errore sei rovinato, perché hai a che fare con un grande potere.
Il mantra è anche una
fonte d’ispirazione, qualcosa che qualcuno dice e t’ispira per il resto della
vita, l’esatto parallelo di questa parola è la “verità evangelica”.
Saturare
la mente
Il mantra che riguarda
la pratica dello yoga, è una formula, spesso una singola parola o una sillaba,
da ripetere in modo che saturi tutta la mente, allora dà subito sollievo da
ogni problema. La mente deve diventare il mantra, allora tutto il tuo essere è
rivolto dentro, la consapevolezza è rivolta dentro e diventi sempre più
profondamente conscio di te stesso; in questo modo il mantra porta verso la
redenzione, permette di acquisire la padronanza totale della mente e dei sensi
e porta alla conoscenza del sé.
Per questo tipo di
mantra non vi sono restrizioni, dovendo riempire la mente con il mantra, questo
è sempre lì in ogni momento, finché c’è la mente c’è il mantra, per questo non
può esserci un periodo del giorno o dell’anno in cui può essermi vietato
ripeterlo. Sotto questo punto di vista il mantra non è una preghiera o una
supplica, non è chiedere qualcosa.
E’ bene tenere il
mantra segreto, perchè se riveli a qualcuno qual è il tuo mantra, questi
potrebbe dire, “Oh, il mio è superiore al tuo!” Allora in questa tecnica così
semplice che ti salva la vita, introduci imprudentemente delle complicazioni,
cominci a preoccuparti, ad avere delle incertezze: il dubbio distrugge
l’efficacia del japa.
Alcuni mantra
Ci sono tanti mantra. Om è di per sé un mantra ed è la base di
molti altri mantra. Soham e Om Namah
Shivaya sono dei mantra. Questi, ed
altri mantra, hanno la caratteristica molto significativa di non contenere la
parola ‘io’. ‘Namah’ significa
‘saluto’; non ‘io saluto’: l’ego non c’è.’“Shivaya’
è il Signore del buon auspicio, elargitore di bontà e prosperità.
Tra i primi mistici
cristiani Kyrie eleison e Christe eleison erano usati come mantra,
chiamato “La preghiera del cuore”,
come si può riscontrare nella Philokalia
e nel libro “La via di un Pellegrino”.
Un monaco chiede al suo
abate come sia possibile pregare incessantemente, secondo l’insegnamento di San
Paolo.[2]
Come risposta, l’abate insegna la preghiera del cuore, asserendo che in questo
modo lo spirito continua a pregare anche durante il sonno.
I mistici ebrei e anche
i sufi (dell’Islam) hanno i loro “mantra”.
Om, Amen
Om, come anche la parola Amen
nel loro significato più semplice significano
“sì”, “così sia.” Om, in altri contesti è considerato come il nome di
Dio, ma negli Yoga Sutra, Patanjali cita questo mantra e lo indica come un
segnale, un’indicazione verbale che ci dà la direzione verso cui la
consapevolezza deve muoversi per ottenere la realizzazione di Dio.
Nell’antica India
rurale, alla moglie non era permesso chiamare il marito per nome e spesso
neanche il marito lo faceva; allora come si faceva per chiamarsi? Se c’era in
giro il bambino, la mamma gli diceva: “Chiama tuo padre!”, altrimenti lo
chiamava “Eh, eh!”. Quel suono, però,
aveva una connotazione particolare e il marito sapeva che era rivolto a lui.
Non era il suo nome
proprio, ma era un segnale che gli penetrava direttamente nel cuore, sapeva che
era diretto a lui e quando lo sentiva veniva. E’ questo che facciamo, quando
ripetiamo om.
Soham
Gli yogi affermano che soham è un mantra che tutti noi stiamo
già involontariamente ripetendo. Se chiudete gli occhi, inspirate ed espirate
profondamente, ascoltando il respiro, l’inspirazione suona so e l’espirazione suona ham
(o anche il contrario). Senza che noi lo ripetiamo, il mantra si crea da sé,
come il sistema circolatorio che va avanti, anche se non lo vogliamo.
Il significato di soham è anche molto bello, sublime. Soham vuol dire “Quello io sono”. “Quello
io sono” è anche una formula biblica; Mosè udì le parole “Io sono Colui che sono” sul monte Sinai, quando chiese a Dio chi
Egli fosse.[3]
“Io sono Quello” non
significa che Swami Venkatesananda o chiunque sia che parla, è dio. No, questa
formula sta ad indicare che quello che chiami ‘io’ è una definizione non
appropriata: è Lui la realtà, è Lui la verità.
Quando stai in piedi,
se sei rivolto a1 sole, dietro di te c’è un’ombra: puoi dire che tu e l’ombra
siete lo stesso? Assurdo! Tu sei l’unica verità, la sola realtà, mentre l’ombra
non esiste come entità, è solo un’apparenza. L’io, come l’ombra, è solo
un’apparenza. Perciò,‘soham’: è Lui la realtà. Egli solo è; Dio solo è.
Puoi usare soham in collegamento ad una divinità
personale, se ne hai una, o senza se non l’hai. Se hai un’idea personale di
Cristo, di Buddha o di un’altra divinità, allora siediti e senti: “E’ Lui la Realtà ”. Non che “io sono
Cristo” (questo è assurdo) ma che Egli è la sola realtà in me. Se questo è
vero, allora chi ha tutto il problema? E’ Lui che ce l’ha! Se Dio è la sola
realtà in me, allora anche i problemi appartengono a Lui!
Perché a
me?
Quando questo terribile
ego, io, me è spazzato via, circa il novantotto per cento del problema è andato
via, perché il novantotto per cento del problema era creato dall’ego. Per
esempio, quando c’è un mal di testa sai cosa lo rende peggiore? E’ la domanda
che sorge dentro di te: “Perché questo mal di testa doveva venire proprio a
me?”. Ti sei mai chiesto: “Perché non deve venire anche a me?” E’ quel “Perché
a me?” che resiste al mal di testa e lo rende peggiore.
I problemi che ci
preoccupano tanto nella nostra vita sono comuni quasi a tutti; milioni di
persone hanno problemi in casa e preoccupazioni finanziarie; perché io non
dovrei averli? Sono forse tanto speciale, che tutti gli altri al mondo possono
soffrire e io no?
Questa considerazione
elimina l’egoismo. Qualunque sia la soluzione: che si chiami japa o ripetizione di un mantra,
preghiera o meditazione, se riesce a mettere da parte l’ego, risolve il
novantotto per cento del problema; il restante due per cento sarà così stupido,
che non lo dirai a nessuno! Quando il ‘me’ è così grande, così importante, è
proprio allora che vai in giro lamentandoti, per farlo sapere a tutto il
vicinato.
E’ l’io che crea
problemi e preoccupazioni, ma ricordati che questo io, l’ego non è altro che
un’ombra, e quindi anche tutti i suoi trucchi, i suoi “giochi d’ombra” non sono
reali. La soluzione è semplice: guarda la luce, fa in modo che tutta la mente
sia saturata con il mantra.
Il mantra dice “Non io,
ma Egli è la realtà”. E’ in questa maniera che il mantra ha un aspetto
redentivo.
Non ci sono mantra
indù, cristiani, buddisti o musulmani: un mantra è un mantra, Dio è coinvolto
in questo mantra, ma non è un dio cristiano o indù, non è una divinità
specificata. Dio è una quantità incognita: non è conosciuta.
Ma non significa che
non sia conoscibile; Dio non è un bene trasferibile o commerciabile: è la
Realtà interiore, l’Essenza del proprio essere, che ognuno deve scoprire. E’ il
tuo dio lo stesso di un altro? Cosa ne sai tu del suo dio? Su questo neanche
c’è discussione o controversia.
Quello che scopri
essere Dio, la verità, la realtà, solo quello è vero per te. Yoga è realizzare
questo Dio dentro: lo stesso mantra che ci aiuta nella nostra vita, che ci
redime, ci salva dai nostri meschini problemi, va anche alla radice di tutti i
problemi, che è 1’ego (me), rendendoci capaci di scoprire la realtà interiore.
La scoperta della
Realtà interiore avviene, quando l’unica cosa che si trova tra me e Dio, è
rimossa. Di cosa si tratta? Essendo Dio onnipresente (fuori, dentro, dovunque)
cos’è che si trova tra quella realtà onnipresente e me? Me. Appena togli quel
me (ego) ti rendi conto che la realtà onnipresente soltanto esiste. Lo yoga,
scoprendo la natura illusoria dell’ego, mette fortemente a fuoco la realtà di
Dio.
Dove
sorgono i pensieri?
Quando ti siedi e
ripeti un mantra mentalmente, puoi facilmente imparare ad osservare il modo nel
quale i pensieri sorgono e cadono; occorre, però un po’ di pratica. Prima puoi
sussurrare il suono e allora la ripetizione del mantra è limitata
all’espirazione; quando la tua mente è adeguatamente più ferma, arresta questo
sussurrare e segui invece il mantra mentalmente, ripetendolo mentre inspiri e
mentre espiri, in sincronismo con la respirazione stessa.
Eseguendo quest’esercizio,
con tutta la tua attenzione messa a fuoco sul mantra, ti accorgi che il suono è
chiaro e che riesci lo stesso a sentire altri suoni. Forse odi il rumore del
traffico e ti chiedi anche: “Perché quel traffico fa tanto rumore?” Questi
suoni non sono forti abbastanza da portar via completamente la tua attenzione,
sono periferici; l’interesse s’intensifica e questo ti permette di concentrarti
su un solo pensiero (che all’inizio è il mantra stesso) fino ad arrivare alla
radice della mente.
Praticando regolarmente
quest’esercizio, per grazia di Dio, un giorno scoprirai che persino quello che
pensavi fosse “io” non è altro che un pensiero. La risoluzione di questa
confusione, fa splendere la Realtà divina interiore. Ecco che, dal japa o
ripetizione di un mantra andiamo direttamente alla coscienza di Dio o alla
realizzazione del Sé.
Ci sono quelli che
dichiarano che i mantra hanno alcuni speciali benefici psichici, delle
proprietà magiche e così via; tutto questo può essere vero, ma noi ora stiamo
considerando semplicemente il punto di vista spirituale.
La forma
del Mantra
La mente, quando è
satura del mantra prende la forma del mantra. Qual è la forma del mantra? Il
saggio originario o Rishi che
realizzò quel mantra, al quale quel mantra fu rivelato, vide anche che la
ripetizione del mantra creava dentro di lui e intorno a lui, nella sua
coscienza una certa forma. In genere questa è la forma raccomandata per la
contemplazione insieme al mantra. Non è necessariamente una forma
antropomorfica, ma può essere una certa qualità. Questa pratica ti aiuta a
crescere in quella qualità.
Un devoto o bhakti yogi usa un certo mantra e
visualizza la forma divina con la quale quel mantra è associato; adora Dio in
quella forma e la pone nel suo cuore. Mentre ripete il mantra, diviene sempre
più consapevole di quella forma fino a identificarsi con essa. Allora i tre
fondono in uno. Quali sono i tre? Il devoto, il mantra e la divinità invocata
dal mantra. Questo è ovviamente anche lo scopo dello yoga. Yoga significa
diventare uno con l’Essenza divina e il mantra è una maniera.
Conoscere
la mente
In un antico testo
spirituale in sanscrito, chiamato Bhagavatam
(che somiglia da vicino alla Bibbia) c’è l’affermazione ripetuta più volte:
“Tutte queste
pratiche spirituali hanno un solo scopo, quello di ottenere i1 controllo
completo della mente”.
Tutti gli yogi,
qualunque sia la loro scelta, si rendono conto che è 1a mente a creare problemi
nella nostra vita, prima di tutto e sopratutto nelle nostre relazioni con gli
altri. Qual è la differenza tra te e me? Se c’è una differenza reale, perché
c’è? Sei tu a pensare che ci sia. Dopo aver pensato che c’è una differenza, vai
a cercarla. Certo che la troverai, perché la crei! E’ la mente che crea tutte
queste differenze e le diversità esistono nella mente. Che tu ripeti un mantra
o che ti siedi a meditare secondo il metodo dell’hatha yoga o secondo la tua
scelta, lo scopo e meta ultima di tutti i tipi di yoga o pratiche spirituali è
il controllo della mente, controllo non nel senso che io riesco a fermarla,
farla partire o lasciarla andare, non nel senso che posso sedermi qui e far
pensare a me stesso quello che voglio pensare, ma controllo nel senso di capire
completamente il modo di funzionare della mente.
Ecco qualche
suggerimento che può essere utile a livello pratico a quelli di voi che
vogliono intraprendere la meditazione un po’ più seriamente.
1. Siediti con la
schiena dritta. Diventa conscio del corpo, la posizione, i suoi punti di
contatto; questo fermerà la dissipazione dell’attenzione. Poi, osserva il
respiro, ascoltalo (devi seguirlo molto attentamente, altrimenti lo perdi).
Ascoltando dentro di te, senti ‘so’
durante l’inspirazione e ‘ham’
durante l’espirazione (o anche il contrario). Senti chiaramente il suono so-ham. Puoi anche scoprire dove sorge
questo suono? Quando parli, il suono sorge dalla gola. Puoi allo stesso modo
individuare da dove viene il suono so-ham,
quando le tue corde vocali non stanno funzionando?
Stai ancora sentendo so-ham. Da cosa è prodotto il suono e
dove è situato? Se puoi osservare direttamente, da vicino quel suono ed
entrarci in sintonia, allora è possibile che ne rimani completamente assorbito.
Nel processo di cercare di individuarlo chiaramente, scopri che la tua mente
rallenta, si calma e si rivolge dentro.
2. Ora senti il suono so dentro di te: lo stai dicendo oppure
ascoltando? Per esempio, quando parli, odi anche quello che dici, perché le
onde sonore escono dalla bocca ed entrano nelle orecchie, ma mentre ripeti il
mantra non stai dicendo una parola, eppure puoi sentire il suono so-ham, il mantra è lì, molto chiaro.
Stai ripetendo quel suono, o lo stai ascoltando? In altre parole sembrano
esserci due distinte personalità o entità dentro di te, una che ripete so-ham, e l’altra che l’ascolta. Sei tu
questo o quello?
Non è una domanda
intellettuale e non ci sono risposte mentali. Stai chiedendo una percezione
diretta, non un’espressione verbale.
3. Mentre continui a
chiederti questa domanda, all’improvviso ne sorge un’altra: “Forse, non sono né
l’uno né l’altro?”. Sembra esserci uno che dice il mantra, un altro che
l’ascolta e un terzo che chiede questa domanda ed è conscio dei due! A questo
punto c’immergiamo nell’aspetto fondamentale dello yoga, nell’inchiesta: “Chi
sono io? Cos’è questo io?” Questa domanda arriva in modo così sottile e
penetrante che, ad un certo punto, quasi vai a sbattere contro la verità. In
quell’inchiesta profonda è il segreto dell’uso del mantra.
Svegli e
all’erta
L’unica difficoltà che
s’incontra in questa pratica è la letargia; è molto facile addormentarsi,
quando si sta facendo qualcosa di monotono (a proposito, se hai degli amici che
hanno difficoltà a dormire dì loro di provare questa tecnica!). E’ facile
assopirsi, quando si ripete un mantra, anche se si usa un “mala” (rosario). Per lo studente di yoga questo è da evitare, per
perseguire il suo scopo non può addormentarsi, ma deve restare sveglio e
intensamente all’erta.
E’ molto difficile
restare all’erta, mentre si fa japa. Sembra che la mente non voglia essere
controllata, non desideri svelare il suo segreto né rendere noti i propri
trucchi. Normalmente stai pensando, ma non sei conscio della sorgente del
pensiero; si tratta del tuo condizionamento mentale. Il pensare avviene, come
un’azione riflessa e non c’è significato in quel pensare. Stai pensando
automaticamente, costretto da modelli di pensiero passati, senza capire come,
senza controllo. Pensi, perché non puoi fare a meno di pensare e il pensiero
comanda il tuo comportamento. Questo è il fattore che ha reso la tua vita tanto
confusa!
Lo yogi vuole prendere
coscienza di questo fenomeno; perciò, quando usa il mantra, deve restare veramente
vigile, altrimenti si addormenta; è allora che ha bisogno di alcuni ausili.
Per uno studente di
yoga davvero zelante, il sostegno principale è l’amore verso Dio, per questo i
maestri hanno introdotto il fervore della devozione insieme al mantra. Quando i
saggi affermarono che ogni mantra ha una divinità associata e che, se ti siedi
e lo ripeti, la divinità apparirà davanti a te, non erano folli. Se ti siedi e
ripeti om namah sivaya, aspettandoti
ardentemente che il Signore Shiva appaia davanti a te, sei sveglio e all’erta.
Con quella fede, l’attenzione diventa naturale.
Spirito
di meraviglia
Puoi avere questo
spirito di fede e devozione o puoi avere uno spirito d’intensa meraviglia. Ora,
dici di star ripetendo il mantra mentalmente, ma con questo, cosa vuoi dire
esattamente? La sorgente del mantra, dentro di te, è anche la sorgente di tutti
i pensieri. Come funziona il pensiero? Va avanti e indietro? Viene a te dalla
testa, o da qualche altra parte?
Quando queste domande
sorgono in te, ti rendi conto che pensieri del tipo “Io penso di essere qui”
“Io penso d’esser cattivo”, “Io penso d’esser buono”, “Io penso di essere una
persona molto religiosa”, sono sorti in noi per migliaia e migliaia d’anni, e
hanno causato tutti questi guai. Noi ci accontentiamo di queste definizioni, le
prendiamo per scontate; non vogliamo sapere niente riguardo alla loro origine.
Lo yogi invece, suggerisce che possiamo avere questo salutare spirito di
curiosità o di meraviglia.
Mentre ripeti il mantra
e fai scorrere il mala (rosario
indiano con 108 grani, in genere di legno di sandalo), osserva a fondo la
mente, aspettando ardentemente il sopraggiungere della conoscenza, proprio come
l’altra persona stava aspettando il Signore Shiva. Questo può essere un altro
modo per rimanere attenti - e la vigilanza estrema è necessaria per questo, per
evitare che la mente s’intorpidisca e t’addormenti. In India c’è la
superstizione che bisogna tenere in mano il rosario o il mala in modo tale che
la sua parte inferiore non scenda al di sotto dell’ombelico. In quel modo è
molto difficile addormentarsi: se il mala
cade ti svegli!
Prepararsi
alla pratica
Vi sono alcune tecniche
di hatha yoga per mantenersi svegli. Uno dei pranayama, chiamato bhastrika (la respirazione a mantice) è
tra i più utili. La posizione sulla testa prima della meditazione ricarica di
energia e anche altri vigorosi esercizi o una doccia ti terranno svegli.
Nella nostra suprema
onniscienza abbiamo rigettato le superstizioni, ma è possibile scoprire che
queste erano tutte utili e avevano un senso. Per esempio c’è la superstizione
che non bisogna avvicinarsi a Dio con il corpo impuro, la mente impura, i
vestiti impuri, ecc., che bisogna lavarsi e purificarsi prima della
meditazione: infatti, dopo una doccia, non ti senti assopito o letargico.
Se creiamo queste
condizioni favorevoli, usiamo il mantra nel modo giusto, adottando il metodo
corretto - non con paura e neanche aspettandoci dei miracoli, ma con una
salutare curiosità, cercando di scoprire la mente attraverso il mantra - allora
questa semplice pratica può fare meraviglie nella nostra vita.
Prova
quest’esercizio:
Siediti e ascolta il
respiro. Puoi anche produrre un suono leggero[4]
per rivolgere la mente dentro; una volta che questo è avvenuto, continua a
ripetere il mantra, associandolo al respiro. Ora inizia la parte più importante
di questa meditazione; puoi avviarti su qualsiasi binario d’inchiesta
preferisci, per esempio: “Da dove viene questo suono? Chi è seduto nel mio
corpo ripetendo il mantra? Dove avviene questa ripetizione?” Questa inchiesta
dev’esser fatta con tutto il tuo essere, non in uno stato di pigrizia e
assopimento.
Nella meditazione la
mente si volta a guardare dentro senza alcuno sforzo - meno apprensione c’è,
meglio è - ma senza addormentarsi. Devi essere molto attento, come quando
cammini su un precipizio.
Come il Cobra
Buddha
suggerisce di avere la stessa vigilanza che avresti se, tornato nella tua
stanza, stanco, vorresti metterti a letto e dormire, ma senti un fruscio,
accendi la luce e vedi un cobra proprio 1ì vicino la porta; che faresti?
Resteresti lì, sveglio al cento per cento: non ci sarebbe alcuna possibilità di
dormire. Non avresti bisogno di nessuno che t’insegnasse la concentrazione in
quel momento, e la meditazione verrebbe da sola. Il cobra in quel momento è
davvero come un mantra; tutta la tua mente non è altro che un cobra. Non
saresti capace di pensare a nessun’altra cosa! Quella è chiamata meditazione:
quando tutto il tuo essere è invaso da un solo oggetto.
Devi avere un sincero e
ardente desiderio di scoprire questa verità, allora, mentre ripeti il mantra,
anche se senti dei suoni esterni, sembra che quelle cose stiano succedendo in
un posto lontano, non ne sei coinvolto e quindi non ti distrai, altrimenti
l’attenzione si volgerà facilmente altrove. In un momento pensi: “Sto ripetendo
il mantra, sono molto concentrato, sono il più grande yogi sulla terra!”
La
distrazione
Poi il rumore di una
motocicletta diventa più insistente, mettendo in moto una catena di pensieri
del tipo: “Ah, quella è una motocicletta, 1’anno scorso a Natale mio padre mi
ha regalato una motocicletta… Natale è una bella occasione; il primo Natale
dopo che mi sono sposato fu bellissimo”, e così via. Dopo una diecina di minuti
di questo girovagare, all’improvviso ti svegli. Come e perché mi sono
distratto? Molti pensieri si erano avvicinati alla tua mente e non ti avevano
distratto, ma quando quel pensiero particolare si è avvicinato, ci sei balzato
sopra e ti sei allontanato a tutto gas!
La
scoperta di Sé
All’inizio è un esercizio
molto interessante, se puoi trattarlo come tale, osservare e scoprire la
differenza tra un pensiero che non ti è di grande interesse e un altro che
sembra afferrarti e prendere il volo con te. Se guardi attentamente, sei capace
di evitare che l’uno o l’altro ti portino via. Questo, lo ripeto, richiede
molta pratica vigile e diligente; non è un grande miracolo o una magia. Non ci
sono prodigi né magia nello yoga. La scoperta di sé, la rivelazione della
propria identità è la più grande e l’unica magia nella pratica dello yoga.
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Scegli
un mantra che ti piace, eccone alcuni molto conosciuti:
Soham
Hari om
Kyrie
eleison Christe eleison
Om Jesus
Gesù è
con me
Gesù mio
Dio mio
Adonai
elahino adonai ekhad
Om mani
padme hum
La illahi
ill-allah-u
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