YOGA SUTRA di Maharishi Patanjali

INTRODUZIONE :
Fin dall’inizio, è bene ricordare a noi stessi che c’è un paradosso nella pratica dello yoga. Spesso le persone chiedono: “Perchè pratichi lo yoga?” o “Perchè tutti i giorni?” “Perchè è così importante?” “Che ti fa?” “Che benefici ti dà?”
Penso che dappertutto nel mondo, la maggior parte di chi comincia a praticare lo yoga, in qualsiasi stadio della vita, lo fa perchè ha un problema che vuole risolvere, ha qualche dolore, è angosciato, c’è qualcosa che lo fa soffrire, è infelice. Che tipo d’angoscia? Che tipo di sofferenza? Alcuni di noi sono abbastanza onesti d'ammettere che il problema è personale. C’è quest’individuo: l’angoscia affligge quest’individuo, “me”! “Sono teso, sono oppresso, nessuno mi considera, la gente mi vuole male”. Una persona onesta ammette che questo lo porta allo yoga, vuole risolvere questo problema: “Mi sento male e voglio sapere come uscire da questa situazione, perciò vengo a praticare lo yoga”.
Vi sono altri che non vogliono ammettere neanche questo: “Oh, no, non io, ma mio marito, mia moglie, il mio lavoro, questo paese… ” Non è “me”, è il “mio”. Se non ho il coraggio e l’onestà di ammettere che sono preoccupato per me stesso, allora sono preoccupato per ciò che considero come estensione di me stesso: la mia famiglia, la mia comunità, la mia religione, il mio paese, il mio ... E’ lo stesso. Lo yogi esamina quest’approccio che porta lo studente alla pratica dello yoga e dice: “Prima di tutto, renditi conto che qualunque sia la formulazione di quest’angoscia, dolore, infelicità, sofferenza, è sempre collegata al "me". Ma questo me, l’io è preso per scontato, non viene mai esaminato. Sia che ti dai l’appellativo di egoista, altruista o disinteressato, l’io è preso per scontato. Che si tratti di un sistema politico, economico, o anche di un sistema religioso o di un sistema ascetico, tutti questi sistemi tengono l’io molto ben occultato e su di esso costruiscono l’intero edificio: o dicendo che devi essere egoista, chiedere, prendere in prestito o rubare e in qualche modo diventare ricco, sano e comodo se possibile, o di voltarti via da tutto questo in una negazione totale del mondo, abbandonare questo mondo, diventare un asceta, cercare la tua salvezza - cercare la mia salvezza - di nuovo!
La cosa da cui ci siamo tenuti lontani è l’inchiesta sull’io; non lo guardiamo nemmeno. Mentre lo teniamo sicuro e nascosto, cerchiamo di risolvere i nostri problemi e di vedere come meglio possiamo superare la tristezza. La ricerca dello yogi è proprio sull’io, perciò ci viene detto che se abbiamo delle motivazioni per la pratica dello yoga queste devono essere lasciate alla porta ma, se delle motivazioni rimangono ancora, andiamo a guardare proprio quelle. Lo yoga non ha una filosofia. Il testo stesso è chiamato Yoga Darshanam”: darshanam significa vedere. Non cercare di analizzare la tristezza, ma osservala, non cercare di classificarla, non cercare di capire da dove viene o da chi ti è inflitta. Osservala! Con calma, in silenzio osservala e quando senti l’angoscia o la tristezza, guarda per vedere dov’è sentita... in me, io, io la sento. Io prendo quella sofferenza come reale, ma è assurdo, se prima non scopro se l’io è reale, se il sofferente è reale.
Questo sofferente, l’entità che ha esperienza della sofferenza, l’io, è stato preso per scontato, assunto. Nello Yoga Darshanam niente viene assunto. Non vi sono pregiudizi, non vi sono idee preconcette; tutto dev’essere osservato, non analizzato ma osservato. Quando osservo il fenomeno della sofferenza in questa maniera, non solo osservo quel fenomeno chiamato sofferenza, ma anche il suo campo, l’esperienza di questa sofferenza. Se una spina entra nel piede e guardo per vedere la spina, sto guardando la spina il piede insieme. Non posso guardare l’una e non l’altro; perciò, quando mi sento infelice e voglio osservare l’infelicità, devo simultaneamente vedere l’infelicità e quello che c’è sotto: il campo su cui tutto si svolge.
L’osservazione diretta e immediata è yoga. “Osservazione diretta” nel senso che non vi è né passato né futuro né presente: si diventa tesi,[1] quando si vive contemporaneamente in due tempi: passato e presente, o futuro e passato (non è possibile vivere nel presente, perchè appena pronunci la parola “presente” quell’attimo è già diventato passato). Osservazione immediata significa che non vi sono mediatori, non sto guardando un insegnante che definisca cos’è la sofferenza o cos’è l’io o cosa non è l’io. In quest’osservazione c’è comprensione, comprensione diretta; in quest’osservazione c’è saggezza, c’è conoscenza totale e immediata.
Normalmente, quando osserviamo in maniera casuale la nostra vita, pensiamo di essere soggetti ad almeno due tipi d’infelicità. Una è biologica e l’altra è psicologica. L’infelicità non è mai logica! C’è un’infelicità biologica che è il dolore, il dolore fisico, ovviamente riferito al corpo fisico. Questo dolore è molto interessante e, se l’osservate veramente, vi innamorerete del vostro corpo che è così intelligente, così bello. Al contrario di quanto avviene in questo strano mondo, nel quale ogni segno o sintomo di progresso è una minaccia per la nostra salute, se osserviamo questo fenomeno fisico, non possiamo che riempirci di meraviglia. Il corpo non invita mai, mai e poi mai il dolore. Appena qualcosa d’indesiderabile succede al corpo, questo vi dà l’ordine immediato di fare attenzione. Se c’è dolore, il corpo ci spinge a fare qualcosa immediatamente, e poi vuole riposare e, se il dolore è troppo forte, perdiamo i sensi.
Il corpo non vuole il dolore, ma la mente s’intromette, il rifiuto rende quel dolore peggiore, l’immaginazione lo nutre, la memoria lo rafforza e, quando vuoi curare quel dolore scientificamente, psicologicamente o fisicamente, lo rendi peggiore. Ecco che, anche il dolore fisico, continuando in questa maniera, diventa psicologico.
Guardiamo un’esperienza e la chiamiamo sofferenza; Lo Yoga Darshanam richiede che lasciamo cadere tutte le nozioni, tutti i concetti e i pregiudizi e guardiamo invece alla base della nostra stessa comprensione che ha prodotto quel pensiero, quel concetto. Alla base c’è il sé: comprendi il sé e c’è silenzio. La comprensione diretta della verità, concernente il fondamento di tutte quest’esperienze, la base di ciò che è chiamata sofferenza o piacere, la base di quello che è chiamato ‘me’ o ‘io’, e la sua diretta scoperta è Yoga. Il Maestro inizia l’insegnamento dicendo: “Atha yoga ’nushasanam”. La conoscenza dello yoga è comunicata". (I.1).
Non dice: “Questo è un comandamento, questo che devi fare, e quello non devi fare!”. Questo non è d’aiuto a nessuno; se ci è dato un comandamento, la mente trova subito modi e mezzi per soddisfare se stessa, senza violare la lettera del comandamento.
L’aforisma successivo è: “Yogas citta vritti nirodhah”.( I.2). Lo yoga è in queste tre bellissime parole. Vi darò il significato ortodosso più un altro punto di vista. Cos’è “citta”? Ufficialmente citta viene tradotta come “sostanza mentale”, la sostanza di cui è fatta la mente, non il cervello. Cos’è vritti ? Onde nella mente, fenomeni, e tante altre parole sono state inventate; e c’è molto bisogno di inventare parole: quando non conosco invento una descrizione e quando queste parole sono trasmesse, un altro le prende e va a casa pienamente soddisfatto. Sapete cosa sono i nastri trasportatori, come quelli dell’aeroporto: uno ci posa sopra una valigia, senza neanche sapere cosa c’è dentro e all’altro estremo qualche altro la prende. Qui invece, c’è comunicazione. Perciò, mentre si osserva direttamente e intensamente la sostanza mentale, la sostanza di cui la mente è fatta, c’è comprensione immediata di cosa sia una vritti.
Citta qui è la totalità, la totalità della mente, la totalità dell’intelligenza, che è indivisibile, impossibile da dividere, come lo spazio. Lo spazio non può mai essere diviso, eppure sembra apparentemente diviso, perchè diciamo: “Lo spazio in questa stanza e lo spazio fuori”, come se costruendo questa stanza, abbiamo in qualche modo tagliato lo spazio; questo è assurdo. La totalità dell’intelligenza è citta: in essa ... c’è un’onda, che è non-differente dalla totalità. L’onda nell’oceano è non-differente dall’oceano stesso. L’onda nella sostanza mentale è non-differente dalla sostanza mentale, dall’intelligenza; è la stessa cosa. Eppure sarebbe stolto dire che non ci sono onde e sarebbe ugualmente stolto dire che le onde sono sopra l’oceano. E’ come la descrizione nella Bibbia, “Dio creò l’uomo a sua immagine”: se ti metti davanti allo specchio e vedi l’immagine nello specchio, non puoi né dire che è reale né che non è reale, né dire che c’è né che non c’è. C’è il detto:
“Uno che è saggio è muto”, perchè la verità diventa inesprimibile. “Yogas citta vritti nirodhah”.
Nirodhah è stato tradotto comunemente, e nella tradizione ortodossa, come “soppressione”, “controllo”, perciò spesso il verso è tradotto come segue: “Yoga è la soppressione delle modificazioni mentali”(?). E’ come dire, in altre parole, che quando tutte le onde sono state spazzate via dal mare, ciò che rimane è il mare. Un’altrettanto strana espressione è usata dagli yogi ortodossi ed è che lo yoga significa una completa eliminazione di tutte le onde di pensiero dalla superficie della sostanza mentale(?). Sfortunatamente, poiché questa soppressione del pensiero è stata associata allo yoga, si sono venuti sviluppando dei comportamenti strani e demenziali: l’uso o l’abuso di droga è uno di questi. Provi tanti trucchi e non riesci a sopprimere i pensieri nella tua mente, poi qualcuno viene e ti chiede: “Cosa stai cercando di fare?”– “Voglio vuotare la mente, crearvi il vuoto totale, liberarla da tutti i pensieri”. E lui dice: “Stupido, non ce la puoi fare senza un aiuto, prendi questa dose di hashish e sarai completamente ...”. Non sei più un essere umano, diventi un minerale. Questa è la diretta conseguenza del malinteso che yoga significhi uno stato d’assenza completa di pensieri.
Ma il testo non dice questo, dice invece “Citta vritti nirodhah”. Guardate l’oceano, vedete il mare e vedete le onde; l’onda non è il mare, il mare non è le onde - le onde sono mare, il mare è onde. Ma da qualche parte un'idea, una nozione, un concetto sorge: “Quello è il mare e questa è l’onda”. Si tratta solo di un concetto, nient’altro che un’idea. Perchè preoccuparsi dell’idea? Lasciate che rimanga; lasciate che l’idea sia riconosciuta come nient’altro che un’idea: non c’è nessun male in questo.
E’ come un gioco d’ombre; sapete a cosa mi riferisco? Vi sono delle ombre sul muro o su un telo. Il gioco d’ombre è bellissimo, perchè non goderselo? Divertitevi! Ma non confondete queste ombre per veri animali o uccelli, sapete che sono ombre, perciò non avete motivo di impaurivi. Vi sono serpenti di gomma che sembrano veri: giocateci, non possono farvi del male. Ma, se pensate che siano veri serpenti, potreste avere un infarto, ecco tutto. Nello yoga: può esserci una diretta visione della verità così com’è? L’onda è solo un’idea, allora lasciate che sia un’idea, ma non confondetela con la verità. La sostanza mentale può essere piena d’idee; mentre queste nozioni sorgono e cadono, mantenete sveglia la consapevolezza, allora va bene. Va bene, finché l’idea stessa non viene confusa con la verità o la realtà o la base dell’esperienza che è la sostanza mentale o la totale, indivisa, indivisibile intelligenza. Tutto questo è chiamato “nirodhah”.
Non sto cercando di ripulire il mare dalle onde, ma sto vedendo le onde come onde e osservo e realizzo: la parola onda è solo una parola, è un’idea, non è una realtà. La realtà dell’onda non è altro che acqua, mare. Questo esercizio è la realizzazione della verità: nirodhah. Se questo è abbastanza chiaro, allora diventa immediatamente e abbondantemente chiaro che questo yoga può essere praticato dovunque siete, qualunque cosa state facendo, che non interferisce con il vostro stile di vita, con il vostro credo o non credo religioso, con quello che siete o fate nella vita.
Sarà anche chiaro che lo yoga non è qualcosa che può essere praticato mezz’ora la mattina e dieci minuti la sera, ma è qualcosa che include tutta la vita, la vita intera. Una volta che questa visione è acquisita, allora ogni divisione scompare nella vita. Scompare? Sì, scompare, esattamente come vi sono due onde e sembra esserci una distanza tra di esse, ma le onde, quest’onda, quell’onda, lo spazio tra di esse, sono tutte l’unico indivisibile mare: la distanza è scomparsa!
[1] Doppio significato della parola inglese, tense: tempo grammaticale (passato, presente, futuro, ecc.) e anche: tendere, teso.