I.48. ŗtambharā tatra prajñā
Tale illuminazione è saturata di armonia, ordine e rettitudine.

Ci è stato detto da ogni grande maestro che lo yogi dev’essere un uomo di grande virtù. Puoi essere pieno di virtù solo quando c’è la resa totale e la spontanea consapevolezza del contenuto di tutte le esperienze e di tutte le espressioni. Non ti sforzi nemmeno di essere buono e di fare il bene, perché la bontà diventa spontanea. La luce interiore bandisce ogni ombra, per cui non c’è alcuna oscurità dentro. In quello stato non c’è né sofferenza né peccato. L’intera tua coscienza è pervasa da ŗtam.
La parola ŗtam è molto difficile da tradurre. È qualcosa che rende buona la bontà, che è alla radice della bontà, che è naturale all’essere, che è naturalmente buono. Quella bontà si chiama ŗtam. Quell’ordine non è del tipo che voi ed io chiameremmo ordine, ma qualcosa che sintetizza e trascende ogni perfezione, che vede la morte e la nascita come un unico evento, che non vede alcuna distinzione tra bene e male o piacere e dolore. E’ quell’ordine in cui tutte le cose esistono come tutte le cose, e pure come un tutt'uno, una totalità.
E’ la virtù che è inerente all’anima dell’essere, che non ha bisogno di essere insegnata o imposta; è l’ordine naturale, qualcosa che è naturale all’anima. Non è la bontà che pratichiamo l’uno verso l’altro, ma la bontà che è non-differente dal Dio infinito. Quando la grazia divina si è manifestata in questa vita, perché l’intera vita è stata data in resa all’essere infinito, ciò che accade è ŗtam, ordine supremo, bontà suprema.
E’ possibile che la parola ritmo venga da ŗtam, il ritmo dell’universo, dove nulla può essere isolato e considerato buono o cattivo, dove non c’è né una cosidetta moralità relativa, né una moralità assoluta.



I.49. śrutā anumāna prajñā abhyām anya vişaya viśeşa arthatvāt
Quella illuminazione, quella comprensione, quella realizzazione è ben diversa da cose di cui uno ha sentito parlare o che ha dedotto da insegnamenti ottenuti da fonti esterne. Mentre in questi ultimi casi l'oggetto di studio, investigazione e comprensione è all'esterno della coscienza, la realizzazione alla quale si arriva nel primo caso è di una speciale categoria.

Ŗtam o ordine naturale non ha nulla a che fare con cose di cui hai sentito parlare o che tu hai dedotto che siano buone; queste non sono altro che virtù teoriche che si possono trovare in libri e dizionari e non sono migliori dei vizi che ivi si trovano. L’amore e l’odio sono entrambi composti di lettere dell’alfabeto; l’uno non è necessariamente migliore dell’altro, finché non raggiungi quest’ordine naturale. Quando questo avviene, l’amore che si manifesta nel tuo cuore a quel punto è completamente differente da quello che hai sentito dire che fosse l’amore, o che hai dedotto o che la tua mente ti aveva suggerito fosse amore (o una desiderabile virtù).
"Viśeşā ‘rthatvāt" può essere tradotto in due modi diversi. 1) questa virtù ha in sé un significato speciale, 2) hai eliminato tutte le definizioni precedenti e appesantite della parola virtù, e ciò che rimane è pura virtù. Non consideri amore ciò che qualcun altro ti suggerisce che è amore – l’amore dell’uomo, l’amore di Dio e così via; tutto quello non c’è più. Quello che rimane è un amore al di là di qualsiasi descrizione. Quello è Dio.

I.50. tajjah samskāro anya samskāra pratibandhī
Questa speciale realizzazione di spontanea consapevolezza del sé trasforma completamente l’intero essere, portando un completo cambiamento. Tutte le altre abitudini e tendenze vengono superate con l’abituale consapevolezza del sé.

Quella virtù è qualcosa che può eliminare tutti i samskāra (impressioni, tendenze derivanti dal passato) dalla tua vita. Quella visione, quella esperienza di ordine naturale, essendo naturale, elimina ogni disordine senza crearne a sua volta. Se c’è violenza, puoi eliminare quella violenza, senza essere violento a tua volta? Se uno ti imbroglia, puoi riportarlo nel giusto, senza imbrogliare lui? Ci si può opporre alla violenza? L’opposizione stessa è male – non è così? Se uno sta lottando con un altro e tu cerchi di fermarlo sei violento come lo è lui. Puoi trattare con l’agitazione, la mancanza di pace senza perdere la tua pace mentale?
Tutto questo è difficile ma, quando c’è quest’ordine naturale, esso è in grado di eliminare ogni disordine dalla vita, senza portare alcuna disarmonia.


I.51 tasyā api nirodhe sarva nirodhān nirbījah samādhih
Quando si trascende anche quella speciale realizzazione (con il seme della frammentazione ancora presente) tutto è trasceso e il ricercatore, avendo compiuto un cerchio completo, è totalmente assorto nella ricerca stessa. La Realtà realizza se stessa (è) senza il bisogno dell’individuo neanche nella sua forma sottile. Questa è davvero l’illuminazione nella quale non c’è alcun seme per la manifestazione della diversità.

Quando l’ego (l’idea di sé come auto-esistenza indipendente) è andato via, non esiste altro che pura virtù. Non vi sono vritti (onde di pensiero) e non c’è attività mentale. Bisogna prestare molta attenzione nell’interpretare queste parole: non vuol dire che la mente dev’essere fermata – il fluire dell’attività mentale può continuare, ma la cosa che è assente è l’identificazione di sé con quelle attività mentali – anche quella è scomparsa.
Chi la fa scomparire? Non il ‘me’. Cosa c’è che può liberare il ‘me’ da un malinteso che riguarda se stesso? Uno non associa neanche il sé con quest’ordine naturale. Puoi dire di aver compreso le basi di quest’ordine naturale? E puoi stare al di fuori di esso e guardarlo come se fosse un oggetto? E’ tutto assurdo. Uno non sa come questo avviene. Lo yogi dice che è per grazia di Dio.
Perciò Patanjali non dice: “Smetti di identificarti”, non puoi farlo; hai raggiunto una situazione di completa trasparenza quando non c’è identificazione del ‘me’ che sembra esistere in maniera trasparente. Come scompare quel ‘me’? Come scompare il seme di ogni pensiero, di ogni esperienza? Chi schiaccia quel seme? Non ‘me’. Né il seme può schiacciare se stesso.
Non sappiamo chi lo schiaccia. Patanjali dice "tasyā api nirodhe" – in qualche modo anche il seme scompare. Quando questo avviene sei nello stato perfetto di yoga – non tu, ma lo yoga è in uno stato perfetto di yoga. Dio ha realizzato se stesso, l’infinito è di nuovo tornato ad essere l’infinito.
Anche dire questo è sbagliato, perché se dici che l’infinito è tornato ad essere l’infinito significa che nel frattempo non era l’infinito, che è assurdo. Nulla più di questo si può dire, perché anche il seme è scomparso - nirbījah samādhih.

Fine del Primo Capitolo

Se quello che abbiamo discusso finora nel nostro studio del primo capitolo è chiaro, allora ciò che segue nel secondo capitolo diventa naturale e spontaneo. (Se si studia attentamente il secondo capitolo, si può scoprire che più o meno le stesse verità esposte nel primo capitolo vengono ripetute con parole diverse).