Toronto, 23.6.’79




LO SPIRITO DELLO YOGA
Swami Venkatesananda,              Toronto, 23.6.'79


Tutto ciò che abbiamo finora discusso (karma yoga e bhakti yoga, N.d.T.) perde ogni significato se non c'è meditazione. Il karma yoga non è possibile senza la meditazione e neanche la meditazione è possibile senza il karma yoga. Uno può usare formule come «Io sono uno strumento nelle mani di Dio e servo Dio in tutti», ma sono solo formule vuote, non c'è sostanza in queste formule. Devo realizzare che è l'energia divina, il suo potere, la sua forza, la sua grazia ed il suo amore, che è tutto quello, che sta fluendo qui, attraverso questo complesso mente-corpo. Non basta dire semplicemente "Io sono uno strumento nelle mani di Dio", perchè questo diventa un altro clichè, un'inutile e vuoto luogo comune. Occasionalmente posso dichiarare che sto servendo Dio in tutti voi, ma anche quello può essere un inganno, non dico auto-inganno ma falsità verso gli altri, a meno che questa verità non venga realizzata: se è possibile vedere Dio in tutti, allora è reale, vero karma yoga.
Allo stesso modo, i vari aspetti di bhakti yoga, devozione a Dio di cui abbiamo trattato la volta scorsa, perdono anch'essi il loro significato se non c'è realizzazione.  L'adorazione, anche di Dio in un idolo va bene, l'adorazione di Dio nel guru va bene... attenzione, non sto adorando l'idolo, ma l'Onnipresenza in quell'idolo, perché è lì. Non sto adorando la personalità umana del mio guru, ma è Lui, l'Onnipresente che adoro qui; allora è molto valida, meritevole e di grande aiuto. Perciò, ancora una volta, devo essere capace di avere l'esperienza della realtà, di vederla, e percepirla.
Persino l'hatha yoga perde il suo significato se non c'è uno spirito o umore meditativo; senza lo stato d'animo meditativo diventa una graziosa serie d'esercizi ginnici. Puoi ottenere una linea snella, attraente, puoi essere libero da problemi e malattie fisiche e risparmiare sul conto del medico, tutto qui, niente di più. Perché sia hatha yoga, hai bisogno dello spirito dello yoga, perché sia karma yoga, per trasformare l'azione in karma yoga, per trasformare l'attività in karma yoga hai ugualmente bisogno dello spirito dello yoga. Per trasformare bhakti in bhakti yoga... bhakti è devozione, amore; vi amate l'un l'altro, occasionalmente pensate di amare Dio, ma non ha alcun senso, se lo spirito dello yoga non c'è. Hatha yoga, bhakti yoga, karma yoga, qualunque esso sia, l'essenza è yoga e quello spirito dev'esserci; se quello spirito c'è, allora anche la stessa azione di sollevare un braccio diventa hatha yoga; il semplice sollevare questa bottiglia e darla a qualcuno diventa karma yoga, unire le mie mani e salutare te diventa bhakti yoga... se quello spirito dello yoga c'è; se invece lo spirito dello yoga non c'è, puoi fare quello che vuoi, non è yoga.
Perciò oggi esamineremo brevemente cos'è quello spirito dello yoga e come con esso la vita diventa più ricca, e tutte le nostre pratiche spirituali diventano veramente spirituali e come, se lo spirito dello yoga prevale nel nostro cuore noi diventiamo naturalmente  buoni. La virtù o la santità non è qualcosa di cui possiamo discutere, leggere e poi applicare, come il rossetto; non è cosmetico, non è disciplina. La bellezza deve crescere da dentro, la virtù deve crescere da dentro, l'amore deve crescere da dentro; queste non sono cose che possono essere acquisite e applicate. E' lo spirito dello yoga che permette a tutte queste di manifestarsi. Cos'è quello spirito dello yoga?
Lo spirito dello yoga può essere posto molto semplicemente e brevemente: «Scoperta della Verità».  Così, quando nell'hatha yoga diciamo che è il prāna che muove tutto questo, è il prāna che porta equilibrio e agio in ogni posizione che pratichi, sei sicuro di cos'è il prāna o stai solo tirando a indovinare, perché qualcuno ti ha detto così o hai letto su qualche libro che l'hatha yoga esercita il prāna o conserva il prāna e non fai che ripetere quella frase. Lo sai come verità o no?
Quando dico che è Dio in me che agisce ed è Dio in te che servo, lo so come verità o sto solo assumendo qualcosa e bluffando te?
Quando dico che amo Dio in tutti, che amo Dio nella forma di Krishna, Cristo, Buddha, che è Dio che amo, che è Dio che amo in tutti voi, lo so come verità o sto assumendo qualcosa e bluffando voi? Questa è la domanda.
Questa domanda trova risposta, quando lo spirito dello yoga si manifesta nel nostro cuore. Yoga è scoperta della verità; quando questa verità non è scoperta o, per usare l'espressione corrente, quando questa verità non è realizzata, un concetto sorge al suo posto, un'assunzione sorge al suo posto. Quando non so chi sono, cosa sono, assumo di essere questo o quello; quando non so chi tu sei, assumo che tu sia questo o quello. Io assumo di essere una certa persona e assumo che tu sia una certa persona.
Patanjali fa un elenco delle cinque sorgenti fondamentali del dolore psicologico, i cinque fattori di base che velano la verità e rendono impossibile la sua realizzazione.
La prima è l'ignoranza; non so chi sono io, non so chi sei tu, questo è il primo fattore, avidya o ignoranza. Se osservi te stesso molto da vicino, molto attentamente, ti rendi conto che c'è una totale intolleranza dell'ignoranza, già dalla fanciullezza, l'ignoranza non è tollerata. Non so chi sono, ma se una persona viene e mi chiede: "Chi sei?" Non voglio dire che non lo so, perciò m'identifico con una cosa o con un'altra, m'identifico con un'idea o un'altra. C'è un'assunzione, un concetto "Io sono", e questo concetto sorge da uno stato d'ignoranza.   Dall'ignoranza sorge un concetto, un'assunzione; il primo concetto o assunzione è «Io sono questo corpo». E' il primo concetto, la prima assunzione: quello che nasce dall'ignoranza dev'essere ignoranza; è semplice. Poiché il concetto sorge dall'ignoranza, è anch'esso ignoranza, non è la realtà. Puoi mantenere quel concetto, come se da quello dipendesse la tua vita, come spesso fai, ma quello è anti-yoga.
Il primo concetto che sorge dall'ignoranza della verità è "Io sono... io sono...", puoi vederlo, quando dico "io sono" indico il corpo. "Io sono questo corpo" e non ci siamo mai preoccupati di esaminare quell'assunzione. Restiamo legati ad essa come se fosse la verità o la realtà.
Lo stesso concetto è esteso a coprire ogni altra cosa: voi siete... Canadesi, io sono un Indiano, sono uno swami, voi siete non-swami. Questa fondamentale ignoranza che dà vita al primo e principale concetto "Io sono questo corpo", va avanti estendendosi, moltiplicandosi, identificandosi con varie cose: io sono un indiano, sono uno swami, sono un religioso. Queste sono assunzioni, questi sono concetti e tutti i concetti sono generati dall'ignoranza, sono figli dell'ignoranza. Potreste provare ad esaminare questi, purché siate persistenti abbastanza da esaminare il fondamentale senso dell'ego: io sono questo corpo, quello che chiamiamo il senso dell'ego è questa basilare identificazione di «io sono» con «io sono questo corpo».
Non mettiamo mai in discussione questo concetto, c'è un'intolleranza dell'ignoranza e c'è un desiderio, una richiesta di conoscenza, ma poi, tragicamente, reagiamo a quella richiesta di conoscenza con un mucchio di concetti. "E' così", "è ovvio", nessuno sa cos'è, e se lei mi chiede:
"Swami, cos'è quella cosa?"
Le dico: "E' una pillola per la gola"
"Ha, una pillola per la gola?!"
Cosa ne sa lei? Nulla. Quella parola, quell'espressione, quel concetto non fa che coprire la verità. La verità non viene realizzata.
Così, tutti i concetti, oltre ad essere figli dell'ignoranza, perpetuano l'ignoranza, così come i vostri figli perpetuano il vostro cognome, esattamente allo stesso modo introducete un concetto come risposta alla domanda che nasce dall'intolleranza di quest'ignoranza e quel concetto perpetua l'ignoranza, perché diventa un velo che tiene ben coperta la verità. Ecco dunque l'ignoranza e, come risultato di essa o  come sua immediata conseguenza, il senso dell'ego: «io sono il corpo».
Poi, questo concetto io sono il corpo si guarda intorno e diventa consapevole solo di corpi. La visione grossolana che io sono il corpo si guarda intorno, vuole vedere la verità, e la verità che questa grossolana fisica percezione vede è naturalmente il grossolano mondo fisico, l'universo fisico. L'io è la confusione di qualcosa con il corpo, di qualcosa che ancora non conosciamo, che dice "io sono il corpo", e non vuole investigare per trovare la verità.
Vedendo tutto questo e avendo esperienza dell'universo fisico, quello diventa consapevole degli oggetti fisici dell'universo o trasforma la realtà esterna a se stessa in qualcosa di fisico. L'universo fisico nasce, quando l'ego, identificando se stesso con il corpo fisico grossolano, viene a contatto con qualunque cosa sia esterna a se stesso, cerca di afferrare qualunque cosa sia esterna a se stesso, cerca di avere esperienza di qualunque cosa sia esterna a se stesso e inevitabilmente trova tutto ciò fisico. Non sappiamo, io non so se voi siete degli esseri fisici o spirituali o eterei, angeli o demoni, ma questi occhi vedono e quello che vedono lo interpretano come fisico.


C'è un fattore molto semplice in questo mondo ed è la coppia di forze di attrazione e repulsione. E' lì nell'universo, è la legge fondamentale della fisica e naturalmente questa legge, questo principio opera tra questi due corpi, tra l'occhio e la luce, tra l'orecchio e il suono. Poli dello stesso nome si respingono, poli contrari si attraggono, tutte queste verità 'polari' ci sono state insegnate a scuola. Quello non è un problema; ma l'io o l'ego che si muove nell'ignoranza, che funziona nell'ignoranza, che per questo identifica il sé con il corpo e si mette in relazione con questi altri corpi, ora estende l'attrazione e repulsione a quella relazione - naturalmente. L'io sorge dall'ignoranza e crea il tu e il lui. Il tu sembra essere una creatura piacevole, il lui sembra essere una creatura non tanto piacevole... Mi sento attratto verso quello che sembra darmi piacere e sento repulsione verso quello che sembra darmi dispiacere.
Questa è un'altra cosa ridicola: come so che quella cosa è piacevole? Perché ho deciso che sia così. Lui è mio amico e qualsiasi cosa fa è piacevole; l'altra persona non mi piace e qualunque cosa fa è orribile. Questo lo sapete, sono sicuro: se vostro figlio fa cadere qui la cosa più orribile sul tappeto... "Oh, caro, non farlo più! Sei tanto carino..." Se è un altro a farlo lo consegnerete probabilmente alla polizia. Qualunque cosa l'altro fa è orribile e qualunque cosa lui fa è piacevole... mi piace, mentre l'altra cosa non mi piace. Se questa ragazza riceve un pizzico da dietro, la prima cosa che fa è guardare per vedere chi è stato, prima di decidere se è una cosa piacevole o spiacevole.


Perciò, anche la determinazione di cos'è piacevole o spiacevole non è una rigida, effettiva verità - dipende anch'essa da cosa vuoi pensare a riguardo; una volta determinato che questo è piacevole, l'attenzione va, fluisce in quella direzione; una volta determinato che questo è spiacevole l'attenzione lo rigetta gli tira dei calci, vuole liberarsene.


Questa è la vita, questo è il mondo.  Il mio guru Swami Sivananda diceva:
"Queste forze gemelle, raga e dvesa  - simpatie e antipatie costituiscono il mondo; non c'è mondo se queste due parole e i loro concetti corrispondenti sono abbandonati".
Quando lui affermava che non c'è mondo a parte queste due forze, intendeva: «Lascia cadere queste due parole e i loro concetti corrispondenti, allora vedrai la verità. Vedrai ciò che è, com'è, non come ti piacerebbe che fosse o temi che sia; non con una visione perversa: "è terribile" o "è grandioso ". Niente è terribile e niente è grandioso in questo mondo, se non ciò che viene proiettato dalla tua stessa mente, cioè dall'idea dell'io, l'ego che dice "io sono questo corpo».
Non so se avete studiato gli "Yoga Sutra"; il quinto fattore in quelli che vengono chiamati kleshas[1] o fonti di dolore psicologico o fonti di perversione psicologica è chiamato abhinivesa che è tradotto come "attaccamento alla vita", non so: attaccamento alla vita, sì è vero, ma può essere meglio tradotto e più chiaramente compreso se lo semplifichiamo al massimo e lo chiamiamo "speranza". Chiamiamolo speranza.
Prima c'è l'ignoranza, da quell'ignoranza nasce l'identificazione con il corpo "io sono il corpo" e questi sono tutti corpi; da quella nasce la relazione che può essere relazione armoniosa, relazione disarmonica, amore, odio, simpatie, antipatie, cose piacevoli e spiacevoli... Poi c'è un gioco psicologico... - Ah, tu sei mio amico: quando parti? Spero che torni presto! Ah, com'è antipatico quello lì! Spero che non torni! Io sono questo corpo, spero che continui a stare in buona salute! - Hm, ma lui dice: "Swami in ogni caso la morte è inevitabile" - Ah, è così... Spero che vivrò a lungo - Ma lui insiste, "Sì, però anche se arrivi a 120 anni dovrai lo stesso morire" - Hm, spero che andrò in paradiso, o spero che avrò una nascita migliore la prossima volta! - Tutti questi nascono dalla semplice ignoranza di sé, che dà origine all'identificazione di sé con il corpo. Poi quest'idea deve in qualche modo essere estesa e resa permanente per mezzo della speranza. Ecco cos'è abhinivesa.
In tutto questo siamo in qualche modo riusciti a ignorare la domanda fondamentale: "La cosa che assumo esiste, «io sono il corpo» è basato su fatto o fantasia?" Ho assunto che io sono il corpo, perché l'ho fatto? Perché non so chi sono, cosa sono. Ho assunto che tutti voi siete corpi. Perché? Perché non so chi siete. Non so cos'è la vita, non so proprio niente, ma non mi prendo la briga di ammetterlo. Non ho il coraggio di affrontare questa domanda, perché fa male! Fa male sentire che ignoro la verità, che c'è ignoranza (anche «io sono» sorge dall'ignoranza)  e odio ammetterlo, odio affrontare la domanda, e allora continuo  a creare tutto questo: il concetto io sono il corpo,  e tutto il resto.
Non potrebbe uno avere il coraggio di fermarsi, e di capire la situazione? Non potrebbe uno fermarsi ed esaminare il fattore fondamentale? Il fattore io sono il corpo? Voi anche siete tutti corpi nella mia visione grossolana, fisica, ma non sono sicuro se posso giungere a comprendere chi siete voi o chi sono tutti questi esseri. Sembra essere più saggio trattare con se stessi, cioè con questo concetto "Io sono il corpo".
E' questo che sono io? Sono questo corpo? O è possibile che questo concetto (che sorge nell'ignoranza, che entra nelle relazioni con gli altri,chiamando alcuni piacevoli e altri spiacevoli e così inquina la vita intera) o la nostra cattiveria, i nostri vizi, e le nostre cattive qualità e fattori psicologici come lussuria, ira, avidità, gelosia, odio e così via nascono tutti da questa errata comprensione - io sono il corpo e voi siete tutti corpi -? Io non posso essere buono, non posso fare il bene, finché questa confusione fondamentale io sono il corpo dura. Posso fingere di essere buono, ma quella è solo disciplina cosmetica. Vi spiego perché mi riferisco a questa come disciplina cosmetica. I cosmetici che la gente usa sono molto belli da vedere, ma se esci e all'improvviso comincia a piovere, il cosmetico cola giù. Non puoi permetterti di versare lacrime di gioia o di dolore, non puoi permetterti di pulirti gli occhi; ogni piccola cosa distrugge la disciplina cosmetica, ogni provocazione distrugge la disciplina cosmetica.
La disciplina deve crescere da dentro, la virtù deve crescere da dentro dalla comprensione di questa verità che riguarda la propria identità; e questo è possibile solo se andiamo a sfidare il concetto fondamentale io sono questo corpo.


Veniamo così all'inizio degli Yoga Sutra:  Yogaś citta vŗtti nirodhah (I.2)
 Questa è la definizione fondamentale di yoga che è data negli Yoga Sutra. La traduzione è semplice, purché teniate le parole sanscrite nel sutra, senza tradurle: "Lo yoga è nirodhah dei vritti nel citta". E' questo molto chiaro?! Nessuna di queste tre parole basilari qui usate può essere chiaramente tradotta in un'altra lingua. Anche questo deve crescere in voi e da voi. Cos'è nirodhah, cos'è vritti, cos'è citta?    
Visto che abbiamo iniziato lungo quella linea di discussione in questo contesto, chiamiamo vŗtti un concetto. Citta  è la mente o l'intelligenza interiore, e vritti è  un concetto che sorge in essa. Il primo concetto è io sono questo corpo, il secondo concetto è voi siete tutti corpi, il terzo concetto è che siamo tutti in qualche modo in relazione tra noi, il concetto successivo è amo te e odio qualche altro, e poi: "Amo te, perché mi gratti la schiena e odio l'altra persona, perché mi sta sempre ad insultare e prendere in giro". Il dolore e il piacere sono altri concetti; questi sono tutti concetti e ve ne sono milioni di altri.
In ogni momento almeno una dozzina di concetti sorgono e cadono, ma voi ed io non li consideriamo concetti. Consideri un concetto che tu sia il corpo? No! Io sono il corpo, io sono Swami Venkatesananda! Ti sembra un concetto? No! Per noi questa è la realtà, è la verità. Solo una persona molto matura può essere capace anche solo di riconoscere questi come concetti. E' necessaria una mente molto calma, serena, per riconoscere che questi sono concetti, che queste non sono realtà assolute, che questi non sono fatti, sono concetti, forse utili, ma pur solo concetti. State seguendo?
Quando sono entrato in Canada mi è stato chiesto di riempire un questionario. "Qual è il tuo nome?" Ho dovuto mettere, Swami Venkatesananda; io sono Swami Venkatesananda. Immigrando possono chiedermi: "Qual è la tua nazionalità?" Devo dire -  sono un Indiano - schiettamente - sono un Indiano! Sei sicuro? Cosa intendi dire? Sei nato in India? No, mi dispiace, non sono nato in India, sono nato in un piccolo villaggio da qualche parte; o da un altro punto di vista, sono nato sulla terra, a differenza della maggior parte di voi, sono realmente nato sulla terra!
Devo dare questa risposta a qualcuno all'aeroporto, ma è tutto lì, è un concetto conveniente. E' la verità?  Similmente potete dire che questo è piacevole e questo non è piacevole, ma è questa la verità, è questo un fatto? Potete chiamare voi stessi mariti o mogli di una persona  o di un'altra, fratello o sorella di qualcuno; ma: sono fatti, sono verità queste? Perciò all'inizio ho detto che, per entrare in questa ricerca, karma yoga è importante: il servizio è importante. Entrare in relazione è importante: siamo in relazione, essere in relazione è importante.
Cioè, in altre parole, non potete praticare lo yoga lontano dalla società, non potete confinarvi in una stanza qui o in una grotta, quello stadio può giungere, ma quella è una cosa diversa, è un'altra faccenda. E' quando veniamo a contatto con tutto questo, quando siamo attivi, quando lavoriamo nella società, in relazione con gli altri, è quando servo te e vengo aiutato da te, quando sono lodato e quando sono insultato, quando tu fai qualcosa di simpatico e quando fai qualcosa di antipatico: è allora che posso guardare dentro, guardare dentro tutto questo, venire faccia a faccia con esso: - questo è un concetto.
Più che le simpatie della vita, le antipatie della vita possono essere utili, di maggiore ausilio in questa ricerca. Le cose piacevoli ti fanno addormentare. Il piacere a lungo diventa noioso; la prima volta è eccitante, la seconda volta è un po' meno eccitante, la terza, quarta e quinta volta è noioso. Ma il dolore, no. Il benedetto mal di testa quando viene, anche dopo cinquant'anni di esperienza con i mal di testa è ancora fresco, è ancora bello, è ancora "oh, mio Dio!", mai noioso.
Dunque uno dev'essere nelle esperienze della vita, essere con esse e indagare sulla loro reale natura. E' questo un fatto? E' il mal di testa necessariamente un'esperienza spiacevole? Perché, quando considero qualcosa spiacevole, l'odio sorge, la odio e odio tutte quelle persone o esperienze o circostanze che fanno sorgere o sostengono o mantengono questa esperienza spiacevole.  Sapete, quando una persona non vi piace, anche la loro compagnia vi dà un mal di testa. Una volta quella persona è venuta a te pettegolando o dicendo qualcosa di antipatico, e quello ti ha procurato un mal di testa, un vero mal di testa (se esamini, non è quello che ti ha causato il mal di testa: è stata la tua resistenza, ma ora questo non ci interessa). La volta successiva, anche quando l'altra persona suona alla porta e dice "Sono io!", ohi, ohi, il mal di testa ricomincia! Ma lei forse era venuta con un cesto di frutta o un mazzo di fiori questa volta! Tale è il nostro pregiudizio, tale è la nostra dipendenza dai concetti. Questa persona è antipatica... basta! Qualunque cosa farà da ora in poi è antipatica.
E' possibile per noi diventare consapevoli della semplice verità che questo è un concetto? E' più facile guardare dall'altro estremo: piacere e dolore sono concetti, è ovvio: quello che consideri piacevole oggi diventa doloroso domani, quello che consideri piacevole oggi diventa molto doloroso domani.... Io amo i bambini, vi faccio un esempio che riguarda me. Amo i bambini, mi piacciono intorno a me, sopra di me, dappertutto. Ma, supponiamo che sono stanco oppure ho la febbre, quando mi sento così, se lo stesso bambino viene e mi salta addosso, è doloroso, non lo voglio, non lo voglio, o se sono seriamente impegnato in un lavoro non voglio essere disturbato, non voglio compagnia piacevole né spiacevole, non voglio nessuno. Allora mi rendo conto che ciò che consideravo piacevole e ciò che consideravo spiacevole sono entrambi concetti, concetti scambievoli, a volte è l'uno, a volte è l'altro, a seconda del mio umore, cioè a seconda del mio concetto in quel momento.


Vi prego di non interpretare questo come un gioco intellettuale: un giorno o l'altro dovete avere davvero esperienza di questo, saperlo, non pensare che questi sono concetti, ma sapere che sono concetti. Che il corpo abbia una temperatura più alta del solito, vuol dire che il corpo ha quella temperatura: se non avesse nessuna temperatura... sarebbe un disastro. Noi abbiamo osservato una temperatura normale, e quando c'è una temperatura supernormale ci preoccupiamo; non c'è bisogno di preoccuparsi, il corpo continuerà ad avere una temperatura. Che io sia malato è un concetto, che io sia malato e stia soffrendo è un concetto, "questo è spiacevole" è un concetto. Il corpo ha una certa temperatura, bene, mi sdraio, lascio che il corpo si sdrai e si riposi, che io abbia la febbre è un concetto.
Lui dice: "Oh, Swami sei grandioso!"- Ah, mi sta elogiando, oh che bello - "Sei un bravo ragazzo, sai esattamente cosa sono, sai esattamente chi sono!" Perché hai detto una cosa piacevole. Poi l'altra persona dice: "Sei un imbroglione", sono offeso, fa male, è spiacevole. Quella era l'opinione di uno e questa e l'opinione di un altro. Sono rimasto contento di quello che ha detto il primo, non sono rimasto tanto contento di quello che ha detto il secondo, perché ho pensato che quello era un elogio e questa una  riprovazione; elogio e riprovazione solo parole, concetti, non sono reali, io sono quello che sono.
Non sono ancora arrivato alla fine, ci stiamo ancora occupando dei concetti periferici; le simpatie e le antipatie sono state esaminate, poi ti avvicini di più: "Io sono quello che sono"… Chi sono? Chi sono? Penso di essere Swami Venkatesananda; chi sono?  Ti vedo, sto parlando con te; non è reale questo? Neanche questo è reale? Chi ti sta parlando? Cosa ti sta parlando? C'è un concetto, c'è un'idea che io, Swami Venkatesananda sia seduto qui e ti stia parlando. Chi è questo Venkatesananda? Quando questa inchiesta è perseguita tutti questi concetti cadono via, anche mentre seguiamo l'indagine; è chiaro? Anche mentre seguo questa ricerca, i concetti cadono via e quel cadere dei concetti è chiamato nirodhah ; non è soppressione di modificazioni mentali; non stiamo sopprimendo assolutamente niente, non stiamo sopprimendo niente. A causa dell'ignoranza, tanti concetti erano sorti e, quando l'inchiesta inizia, tutti questi concetti cadono via: la combinazione dell'inchiesta e del cadere dei concetti è chiamato nirodhah .
E' ben diverso dall'idea che generalmente ci facciamo di esso nel leggere gli Yoga Sutra. A volte "citta vŗtti nirodhah'" viene tradotto come "soppressione delle modificazioni mentali", allora ti siedi lì e ti dici: "Ah non voglio questo, non voglio pensarci ..." Non puoi farlo. Poi ti rivolgi al maestro: "Mio guru, non ci riesco a fare questo, cosa devo fare?" E lui ti risponde, che non importa, ma qualcun altro si avvicina e ti dice: "Ah, io ho un metodo semplice; il tuo guru non sa come sopprimere queste modificazioni mentali, io ho un metodo semplice: marijuana! Hhh! Una sola dose e poi farai 'ooooooohhhh, tutte le modificazioni mentali soppresse!!!" Tu, tutto viene soppresso!! Oppure, "disco-dancing"!! Così non sai neanche che sei vivo, non senti neanche il tuo respiro, salta, urla e stordisciti! Soppressione delle modificazioni mentali.
Eppure la traduzione era corretta, se non è a causa della soppressione, qualcosa è comunque successo a questi concetti: sono scomparsi; con il perseguire dell'inchiesta i concetti sono caduti via o non hanno più avuto la qualità di verità. Il simpatico e l'antipatico, mi piace e non mi piace, amore e odio, tutti questi, speranza e paura, tutti questi hanno smesso di essere considerati reali, sono ancora concetti e possiamo usarli come concetti, non c'è problema, ma non come verità o realtà. Sto ancora investigando, sulla verità o la realtà.
L'inchiesta sulla verità o realtà continua, sto vedendo, questo è reale, sto parlando, questo è reale, questi non sono concetti; ma il Maestro dice: "Esamina anche questo".
Mi vedi? Sì. Ora tieni gli occhi aperti e afferma: "Ora non ti vedo più, ora non ti vedrò". Se, quando i tuoi occhi sono aperti, non puoi dire - ora non vedrò - e non vedere, sono gli occhi che stanno vedendo: sono gli occhi che stanno vedendo, non io. Lo yogi chiede una domanda molto semplice: "In quel caso è l'io, l'ego essenziale per vedere, o no?" Forse no! Se tu sei quello che vede, perché non tieni gli occhi aperti e dici "Ora non vedrò"? Non puoi farlo; finché gli occhi sono aperti, vedono! Questo significa che il "vedere" ha luogo, il vedere avviene. Vedere è un evento che accade, udire è un evento che accade, parlare è un evento che accade, vivere accade! ... Sono io necessario allora? E' questo 'io' necessario in questo gioco, o il vivere continua? o la vita va avanti, senza riguardo per quello che io desidero che avvenga o che non avvenga? Va avanti la vita? O la vita non va avanti? Nel qual caso, cos'è questo io che dice "Io parlo" ora? L'io sorge come soggetto dell'esperienza, con ogni esperienza. Come gli occhi vedono, un soggetto dell'esperienza sorge, "io vedo". L'insorgere del soggetto dell'esperienza crea l'oggetto dell'esperienza: 'te', e l'esperienza stessa.


Draştā dŗśimātrah -  tu sei la vista, tu sei il vedere,(II.20).
Io sono il vedere stesso, non differente dall'azione, non differente dalla vita, non differente dalla coscienza, non differente dalla consapevolezza. Quando questo è visto, quando questo è realizzato, anche il concetto chiamato "io" cade via e, il Maestro dice:
"Quando sei in uno stato di meditazione -
  Tadā draştuh svarūpe 'vasthānam - Allora esisti come sei". (I.3)
Allora tu esisti come sei, totalmente libero da perversioni, totalmente privo di assunzioni, presunzioni, concetti o identificazioni; il corpo continua ad essere il corpo, Dio lo benedica, continua finché deve continuare, cade quando deve cadere, la vita continua, tutte le esperienze continuano e anche ciò che è chiamato senso dell'ego sorge di tanto in tanto, con ogni esperienza e poi cade via, cade morto. Il soggetto dell'esperienza, che è l'ego, sorge solo per coordinare le impressioni dei sensi. L'ego anche ora è solo il coordinatore delle impressioni sensoriali e coordinatore delle facoltà mentali. Quel coordinatore delle impressioni dei sensi o delle facoltà mentali non dice "io posseggo questo corpo, questo corpo appartiene a me": questa è una rivendicazione assurda che nessuno si permetterebbe di fare.
Quando s'indaga su questa verità, anche il concetto "io sono il corpo" cade via e tu esisti come sei, il mondo esiste com'è, senza perversione, allora la propria vita diventa divina, vita divina e la propria relazione diventa pura, e quello è amore, incontaminato, non inquinato da motivi e interessi egoistici, simpatie e antipatie, è solo puro amore. Vi prego di non interpretare quest'amore secondo quello che vedete al cinema; è un amore ben diverso, non so se può essere descritto; uno deve vivere con qualcuno come il mio guru Swami Sivananda per capire e apprezzare cosa può essere quest'amore. Quest'amore può proteggerti, può nutrirti, quest'amore può abbracciarti, può darti dei vestiti, quest'amore può provvedere a darti riparo, rifugio e tutto il resto, e  può anche castigarti, colpirti, adirarsi con te, mandarti fuori per strada... quest'amore non può essere descritto. Quando tutti questi concetti cadono, quando persino l'immagine di sé scompare, la vita fluisce, con tutta la sua ricchezza, con tutta la sua varietà e il fluire della vita allora è vita divina: ciò che accade nel tuo cuore allora è amore.


Come trattare con questi concetti e come procedere con l'inchiesta, lo discuteremo dopo una breve pausa e quella sarà anche una sessione di meditazione.


Ooommm  Ooommm   Ooommm.....
Pratica di meditazione
Non possiamo ordinariamente neanche capire il significato della domanda "Chi sono io?". Essendo fondamentale, il concetto di "io" è nascosto in tanti altri concetti. Perciò, se indaghiamo sugli altri concetti più prontamente riconoscibili, allora sarà più facile per noi avvicinarci alla radice.
E' possibile usare uno qualunque di questi, e se studiate gli Yoga Sutra troverete probabilmente tanti soggetti di meditazione, perché ne vengono citati diversi e sicuramente non sono gli unici che possono essere usati. Per indicare questo il Maestro dice: "yathā abhimata dhyānād vā" (I.39).
Usa qualsiasi tecnica meditativa che a te piace, qualunque concetto a te piace. Che sia qualcosa che sta accadendo a te, o un altro oggetto, è necessaria una certa quantità di pratica per essere capaci di guardare dentro. Molte persone, non dico la maggior parte, neanche sa cosa vuol dire guardare dentro: "Cosa vuol dire "dentro"? Quando apro gli occhi guardo fuori, come guardo dentro?
Perciò, normalmente usiamo un cosiddetto "oggetto" o "immagine sacra" (accenno solo a questo, poi andiamo avanti con qual cos'altro); se per esempio voglio meditare sull'immagine di Buddha, posso averla davanti a me, acquisto una certa familiarità con i dettagli dell'immagine, poi la visualizzo dentro di me (non so il significato dell'espressione "dentro di me"); la vedo, nel mio petto, nel mio cuore.  Questo mi aiuta ad abituarmi alla tecnica di guardare dentro. Una volta che ho fatto questo, mi sarà possibile guardare dentro, quando sono irritato, quando sono seccato, quando ho paura, quando sono geloso o quando intrattengo tutti gli altri numerosi concetti dei quali abbiamo discusso.
Cominceremo allora da questa pratica: se è necessaria per voi potete usarla, se non è necessaria per voi potete andare avanti direttamente con l'inchiesta sui concetti. Ma, per essere impersonali, possiamo probabilmente continuare con quello; prendiamo un mantra: io ripeto un mantra  - Om namah shivaya, om namah shivaya, om namah shivaya ...-  Vi prego, da questo momento in poi potete anche voi partecipare in questa pratica.
Ripeto questo mantra - Om namah shivaya - quello è un suono che sto producendo dentro di me, esattamente allo stesso modo potrei produrre il sentimento: "io ho paura", o "io amo" o "io odio", ora per questo esercizio sto usando questo mantra, sto producendo il suono di questo mantra. Certo sembra non esserci alcun dubbio che io stia ripetendo il suono di questo mantra, nel qual caso io sono Swami Venkatesananda "io sono" è una realtà e questo "io sono", il sé sta ripetendo questo mantra.
Se questo è vero, allora quando ho paura o quando sono adirato, quell'ira anche sarebbe reale e la persona che intrattiene quell'odio sarebbe reale.
Continuiamo con il mantra - io sto ripetendo il mantra... ma lo sento anche - Tu stai ripetendo il mantra e nello stesso tempo lo ascolti. Com'è possibile? Sei uno o due? Siamo tutti schizofrenici? Abbiamo tutti questo problema dentro di noi, che io sto ripetendo il mantra e lo sto anche ascoltando? Quale dei due è 'io", questo o quello?
Con la comprensione di questo problema sorge la comprensione del significato di frasi come "Odio me stesso, mi piaccio..." Quale sono io, questo o quello? Qui uno può usare un'argomentazione o un dialogo interiore, il ragionamento: se sto ripetendo il mantra non è possibile che io lo stia anche udendo; se sto ascoltando il mantra non è possibile che io lo stia anche ripetendo; inoltre le corde vocali sono solo nella gola e un suono non può essere prodotto se non quando un oggetto ne tocca un altro. [Batte le mani]  - Qui c'è un suono perché una mano batte l'altra, c'è suono quando parlo perché l'aria passa attraverso le corde vocali agitandole. Quando queste condizioni non esistono è impossibile che il suono sia prodotto - Sto riflettendo dentro di me, sto ragionando dentro di me - Eppure il mantra è chiaramente udito. Che cos'è?  Che cos'è il mantra e dove viene udito? Dove viene udito? Quando chiedi a te stesso questa domanda, la mente comincia a mettersi a fuoco. E' il mantra udito nella gola? Sembra così, perché noi siamo abituati al fenomeno della produzione del suono nella gola, perciò la reazione immediata è che il suono sia udito nella gola. E' così? Ho sentito dire che è possibile produrre il suono nel cuore; nel momento che dico questo a me stesso, il suono è udito nel cuore. Forse il suono del mantra viene dalla punta delle dita. Sì, certo...
Questo vuol dire che non c'è affatto. Penso che stia lì, penso che sto ripetendo il mantra, penso che sto udendo il mantra, e per questo ne ho esperienza. Capite? Penso che sto ripetendo il mantra, penso che lo sto ascoltando, e perciò ne ho esperienza.
Ora la ragione giunge alla sua conclusione. La domanda successiva è: "Cos'è il suono del mantra?" Quando questa domanda viene chiesta, c'è un flusso ininterrotto di attenzione verso il suono del mantra, dovunque venga sentito non importa. C'è un flusso ininterrotto d'attenzione verso il mantra stesso... Questo è chiamato viciara  (ne parleremo in un'altra occasione, non ora). Viciara è quando l'attenzione si muove, fluisce ininterrottamente verso l'oggetto dell'indagine.
Ora, se non state usando il mantra ma state usando qualcos'altro, diciamo l'ira o un turbamento interiore, la sua assunta caratteristica specifica chiamata piacere o dolore scompare. Non è né piacere né dolore, è un oggetto della mia attenzione, diventa un oggetto della propria attenzione. Guardate questo, guardate, guardate dentro di voi, guardate dentro di voi, guardate il mantra; il mantra può essere sacro o non sacro, è solo un suono interiore, un oggetto dell'attenzione. Quando questa semplice verità è scoperta, l'angoscia interiore termina, il turbamento interiore ha fine, il turbamento psicologico ha fine. Quando il turbamento psicologico ha fine c'è un'esperienza di delizia, non è di piacere, ma è delizia - ananda.
Come passo successivo: "Chi sta avendo esperienza di questo ananda, chi sta avendo esperienza di questa delizia?" O, "Chi è l'osservatore?" Anche quella delizia cade via e lascia solo questa consapevolezza di "io sono". La consapevolezza che ha dato inizio a questa inchiesta, la consapevolezza che ha perseguito questa indagine, la consapevolezza che ha condotto questa indagine si ferma lì, venendo faccia a faccia con la base della coscienza - questa è la Coscienza cosmica, chiamatela come volete, Dio, Brahman, Atman - arriva lì e si ferma. La consapevolezza è coscienza ed è perciò consapevole. La consapevolezza ha dato inizio a questa ricerca, desiderosa di osservare, desiderosa di sapere, non per accontentarsi di concetti, ma desiderosa di sapere, questa consapevolezza ha perseguito l'indagine ed è giunta a questo punto dove la diversità delle esperienze scompare, la concettualizzazione delle esperienze scompare e l'esperienza è, l'esperienza di per sé è, la consapevolezza è, ma la consapevolezza è ancora consapevole; in quella consapevolezza c'è un tipo peculiare di dualismo. Finché quel dualismo dura, è possibile che l'ego e tutto il resto sorgano ancora e questo dualismo non scomparirà per quanto impegno personale uno possa metterci o per quanto sforzo uno possa fare; lo sforzo ti mantiene nel dualismo; qualsiasi sforzo lungo questo sentiero è a dir poco distraente e perciò distruggente. Non dev'esserci alcuna ansietà per ottenere la realizzazione del sé - il sé è sempre lì!  Perché dovrebbe esserci l'ansia di realizzare il se?! L'ansietà è l'ego. L'ansietà è, ancora una volta, il gioco dell'ego.
Con il procedere dell'indagine, la consapevolezza scopre che c'è una base unificante di tutti questi concetti; questa è quella che chiamiamo mente. C'è una base unificante per tutti i concetti, che siano chiamati piacevoli o spiacevoli, ed è chiamata mente. Quando questa verità è scoperta, non pensata, non immaginata, c'è una delizia che è diversa sia dal piacere che dal dolore.
La consapevolezza continua la ricerca, la scoperta: "Chi è allora questo io?" "Chi è «io» che sta vedendo questo?" Lì si congela. La consapevolezza «io sono» c'è ancora, ma è solo consapevolezza ed è ... consapevole, è consapevole della consapevolezza. Sembra esserci un dualismo lì. - Cos'è? Non lo so. - E non c'è possibilità che questa consapevolezza «io sono» conosca cos'è quell'ignoranza, perché questo «io sono» è sorto dopo quell'ignoranza. Quando questo punto è raggiunto c'è vera resa, reale resa; è allora che uno comprende cos'è resa, fino ad allora uno non capisce cosa vuol dire arrendersi, fino ad allora parlare di resa è solo parlare, non è resa, è ipocrisia.  A quel punto c'è chiara consapevolezza e la consapevolezza è di «io sono». Oltre quello non posso vedere; cosa sia questo «io sono», cosa sia questa consapevolezza non lo so, c'è un muro d'ignoranza, c'è un velo d'ignoranza. E' impossibile vedere oltre, per l'io, per l'ego, anche nel suo stato puro. Cos'è questa ignoranza? Dio non lo so! Allora «io sono» cade completamente e totalmente, incapace di risolvere questo mistero; ed è allora che abbiamo bisogno della grazia di Dio. Per grazia di Dio e per grazia del guru il velo è sollevato e quando il velo è sollevato, l'osservatore si perde (per così dire), s'immerge nell'osservazione.
Tutto quel processo, se si può chiamare processo, è meditazione. Potete adottare qualunque sorta di tecnica volete, potete adottare qualsiasi oggetto di meditazione vi piace di più, se tutte le assunzioni, che sono concetti, sono radicalmente scartate, è inevitabile che giungerete lì, perché la grazia di Dio è dappertutto in ogni momento, la grazia del guru è dappertutto in ogni momento; siamo noi che dobbiamo essere aperti ad essa, ricettivi ad essa e sufficientemente onesti in quel punto da ammettere che non possiamo fare di più, che quello è tutto, che abbiamo raggiunto quel punto è che sta alla grazia divina portarci oltre. Ma anche mentre procediamo in questa direzione è inevitabile diventare sempre più buoni, sempre più virtuosi, sempre più generosi, sempre più benevolenti e mentre i concetti di piacere e dolore cadono via, la ricerca del piacere anche cadrà via e tutte queste cose stupide chiamate onore e disonore, lode e biasimo, felicità e infelicità, successo e fallimento, tutte queste cose cessano di avere alcun possibile significato. Poi quando c'imbattiamo nel concetto di «io», il concetto base «io sono», il concetto «io sono il corpo», anche mentre ci battiamo con esso è possibile che ogni immagine di sé cada via; è una cosa straordinaria, essere liberi dall'immagine di sé è la più grande benedizione nella vita, quando l'immagine di sé è scomparsa, allora amore e odio come antitesi l'uno dell'altro vengono anch'essi abbandonati e in quel cuore sorge la compassione, l'amore, l'amore puro, l'amore divino e allora quella vita diventa vita divina.
Hari om tat sat
Asato mā sat gamaya
Tamaso mā jyotir gamaya
Mrityor mā amritam gamaya


Conducimi dall'irreale alla Realtà
Conducimi dalle tenebre alla Luce
Conducimi dalla morte all'Immortalità


E' bene familiarizzarsi con le tecniche basilari che abbiamo discusso...
(Praticando la meditazione)