Yoga Sutra II. 04, 05


II. 4     avidyā kşetram uttareşām prasupta tanu viccinno            ‘dārāņām
Ovviamente, l’ignoranza della verità dell’unità (o indivisibilità dell’intelligenza cosmica) è la causa di tutte le altre fonti di dolore psicologico – sia che queste ultime sembrino essere completamente nascoste o dormienti, velate o deboli, o appaiano attivamente propagate; questo crea la nozione di non avere a che fare con l’ignoranza spirituale, che siano indipendenti dall’ignoranza e che quindi si possa trattare, con queste fonti di dolore, con mezzi differenti dalla conoscenza del sé.
L’ignoranza è il terreno sul quale tutti questi disturbi psichici sorgono, prosperano ed esistono, ma scompaiono, quando questa svanisce. Avidyā kşetram – campo d’ignoranza, è una verità bellissima e veramente sottile, espressa in maniera semplice che uno deve vedere da sé.
Tu sei ignaro della tua vera natura, non sai cos’è questo io che soffre, o perché soffre. Mentre sei nell’ombra di quell’ignoranza, se qualcuno ti dice che sei una persona simpatica, sei felice. La felicità è dentro di te, ma poiché non conosci la provenienza della tua stessa esperienza interiore, attribuisci quella felicità a lui. Quella persona ti piace perché ti gratta la schiena. Se qualcun altro afferma che sei un idiota, sei infelice, e l’infelicità è in te; ma tu pensi che provenga da lui e che se lui (che tu chiami tuo nemico) è eliminato, allora anche l’infelicità sarà eliminata! Non è così; il nemico è in te.
In realtà, tutto – avidità, paura, ira, ecc. – deriva da questa ignoranza; perciò, finché non mettiamo mano sull’ignoranza, nessuna di queste cose scomparirà. Per esempio, la non avidità non può essere introdotta in te nello stesso modo in cui inserisci una diapositiva nel proiettore: una entra ed un’altra esce, la non avidità entra e l’avidità esce. Non è così semplice! L’avidità probabilmente viene dalla paura, la paura viene da qualcos’altro e quello da qualcos’altro ancora. Perciò l’ignoranza è la causa iniziale di tutto il malessere psicologico, che sia latente o manifesta, debole o forte. Possiamo dire che il neonato non ha un senso dell’ego, non ha piaceri e dispiaceri né ignoranza; vuol dire che il neonato è illuminato? No, perché nel suo caso tutti questi stanno dormendo, sono latenti. Puoi affermare che una persona che dorme non dice neanche una bugia e perciò è illuminato? No, quando si sveglia anche tutti questi problemi tornano alla ribalta.
Quando la verità non è vista, ciò che appare essere al momento, riceve la dignità di sostanza reale – reale nel senso che sarà lì per sempre. Quest’apparenza viene considerata come la realtà permanente al posto della verità totale; ecco che un piccolo frammento prende il posto della verità, della totalità – che è assurdo. Quando invece la totalità è realizzata come realtà, come verità, l’illusione è scomparsa, senza disturbare alcuna cosa che esiste.
Se chiaramente comprendi l’esistenza dell’oceano come la totalità nella quale le onde si sollevano, esistono e si dissolvono senza fare alcuna differenza per l’oceano, allora non c’è ignoranza. Un’incredibile trasformazione interiore è avvenuta e la vita assume una qualità completamente diversa.
La conoscenza del Sé può solo esserci, dopo una chiara comprensione del significato della vita, di cos’è l’io; solo allora potrai indicare a te stesso da che parte andare. Prima comprendi te stesso, la tua mente, allora conoscerai la via. L’albero sa come crescere verso la luce e il rampicante sa come avvinghiarsi intorno all’albero, perché nel loro caso non c’è un problema d’identità. L’albero, per modo di dire, conosce se stesso; puoi anche tu, similmente, conoscere te stesso, in maniera completa ed accurata? Non stiamo mirando alla conoscenza del Sé come ad una meta, ma suggerendo che la base della nostra vita stessa è la conoscenza del Sé! Se così è, allora quel che segue è yoga; se così non è, quello che segue è infelicità, dolore. E’ molto semplice. Se vuoi essere infelice, dimentica tutto e continua come prima – l’ignoranza è beatitudine. Se non vuoi quella vita piena di confusione, ecco la cosa più semplice: “Conosci te stesso”- non come meta, ma come base per la vita intera. Perciò questa conoscenza del Sé non è una meta, né significa che l’io conoscerà la conoscenza (che allora diventerebbe l’oggetto dell’io, come quando diciamo ‘io conosco questo’); è il linguaggio a creare questo malinteso, ma è il Sé come conoscenza.
La conoscenza non è “L’oggetto della mia comprensione”, il conoscitore è il Sé, non conoscitore nel senso che io sono il conoscitore e tu sei il conosciuto, né una certa idea, o ideale o immagine da me compresa ma conoscenza che di per sé è il Sé. Dunque la conoscenza del Sé non è e non può essere una meta ma un fatto esistenziale.

II. 5     anityā ‘śuci duhkhā ‘nātmasu nitya śuci sukkhā ‘atma     khyātir avidyā
L’ignoranza dà origine ad una “conoscenza” del senso dell’ego – un fatto assunto sul non-esistente senso dell’ego. E’ solo in uno stato d’ignoranza spirituale che uno identifica o confonde ciò che è impermanente con quello che è eterno, ciò che è impuro o tinto con quello che è puro e incondizionato, il dolore con la gioia e la coscienza non modificata (il Sé) con pensieri e modificazioni, che sono non-sé. La realizzazione della verità spirituale o illuminazione, invece, fa sì che l’impermanente, ecc, sia visto come tale, ed il permanente, ecc, sia visto come tale.

La causa prima del dolore psicologico è l’ignoranza, la quale è indefinibile; ma i suoi effetti possono essere scoperti nella maniera perversa in cui funziona la mente. Essa immagina la permanenza dove questa non c’è, immagina come puro ciò che non lo è e viceversa, il piacere e la felicità dove non esistono e assume l’esistenza di un sé dove un sé non c’è; questi indicano lo stato di confusione o l’ignoranza.
L’ignoranza di per sé non può essere compresa, ma puoi conoscerla dai suoi frutti. La sua funzione è esattamente come l’oscurità, nessuno l’ha mai vista, ma puoi percepirne la presenza per il fatto che nell’oscurità non riesci a vedere. Per poter vedere qualsiasi oggetto, è necessaria la luce e se vuoi vedere l’oscurità per mezzo di una luce, non vedi l’oscurità! Pur non sapendo cos’è l’ignoranza, puoi intuire la sua presenza e influenza dal modo in cui ti comporti e dal modo in cui la tua intelligenza è resa incapace o pervertita. Si tratta sempre dell’ignoranza, lo era sin dall’inizio, ma nell’ignoranza avevi assunto che la causa del dolore psicologico fosse qualcos’altro.
Ciò che è doloroso è in qualche modo considerato un piacere – fumare è il primo esempio che viene in mente. Quando cominciasti a fumare era nauseante, ma ti faceva sentire alla moda, dovevi starci, e poi in qualche modo quello che era disgustoso divenne piacevole. Ora non puoi farne a meno e questo è un altro dolore – il dolore nato dal vizio di fumare, che è difficile da togliere e che ti conduce alla malattia, alla sofferenza e alla distruzione. Ciò che fa sorgere il dolore dev’essere anch’esso dolore.
Nella lista data da Patanjali il bene e il male non sono discussi. L’autore non entra in merito a ciò che è bene o male, giusto o sbagliato. Vedi la verità esattamente per quello che è, se vuoi continuare a fumare, sono fatti tuoi.
E’ l’ignoranza, la perversione che vede il piacere in ciò che in realtà è dolore. Quando quest’ignoranza prevale, la stessa facoltà dell’energia inerente all’universo sembra assumere ciò che è considerato il senso dell’ego. Questo senso dell’ego non può essere intellettualizzato o compreso dalla mente, è parte della mente, è la mente stessa. Una volta sorta la conoscenza che il senso dell’ego non è necessario e non esiste, anche l’ignoranza scompare. Il senso dell’ego è venuto in esistenza, quando si è assunta la sua esistenza, e una volta svelato questo gioco, in quello stesso momento esso scompare.
La realizzazione della non esistenza del senso dell’ego è anche il ruolo del Kriya Yoga.