Quello che la vita mi ha insegnato

Quello che la vita mi ha insegnato (testo) - Swami Sivananda.
Fu un lampo d’ispirazione nella mia gioventù, ad illuminarmi sul fatto che la vita umana non è completa con le sue attività osservabili e che c’è qualcosa al di sopra della percezione umana che controlla e dirige tutto ciò che è visibile. Posso chiaramente affermare che cominciai a percepire le realtà dietro quella che chiamiamo vita sulla terra.
L’irrequietudine e l’ansia febbrile che caratterizzano l’ordinaria esistenza dell’uomo evidenziano una meta superiore che lui dovrà raggiungere un giorno o l’altro.
Quando l’uomo rimane impigliato nell’egoismo, l’avidità e l’odio, naturalmente dimentica quello che c’è sotto la sua stessa pelle; il materialismo e lo scetticismo regnano supremi. Si irrita per piccole cose e diventa litigioso: in breve, l’uomo è infelice. La professione medica mi diede ampia evidenza delle sofferenze in questo mondo. Trovai prove concrete del grande detto: “Sarvam dukham vivekinah”- Tutto è dolore per l’uomo che ha il discernimento. Fui benedetto da una nuova visione e prospettiva; ebbi la convinzione profonda che dev’esserci un luogo – una dolce casa di pura e incontaminata gloria e splendore divino – dove l’assoluta sicurezza, la pace perfetta e la felicità possono essere vissute eternamente. In conformità con l’ingiunzione delle scritture, rinunciai al mondo e sentii di appartenere al mondo intero.
La pratica di rigorose discipline mi fornì abbastanza forza da muovermi illeso tra le vicissitudini dei fenomeni del mondo e cominciai a sentire il grande bene che poteva portare all’umanità il poter condividere questa nuova visione con qualcuno o con tutti…
… salvare l’uomo dalle forze della sua natura inferiore e sollevarlo alla consapevolezza della sua vera relazione con il cosmo, alla coscienza della sua essenza divina. Ma non è con canoni e precetti che questa nuova coscienza può essere insegnata o compresa; è necessario riconciliarsi con il vasto ambiente circostante, acquisire l’abilità di sentire le cose più profonde così come le cose infinitamente grandi e avere una genuina solidarietà con il mondo. La religione è vivere, non parlare o mostrare.
Sostengo che, qualunque sia la propria religione o il profeta adorato, qualunque sia la propria lingua, il paese, l’età o il sesso uno può praticare una forma di tapas o autocontrollo nella vita quotidiana adatta all’ambiente e alle circostanze in cui vive.
Sostengo che la vera religione è la religione del cuore. Il cuore dev’essere purificato prima di tutto. La verità, l’amore, la purezza sono le basi della vera religione. Il controllo della natura inferiore, la conquista della mente, la coltivazione delle virtù, il servizio all’umanità, la buona volontà e l’amicizia costituiscono i fondamenti della vera religione… Io questi cerco d’insegnarli quasi esclusivamente con l’esempio, che considero pesare molto di più di tutti i precetti…
Vedere l’Atman in ogni essere o forma, sentire Brahman in ogni luogo, in ogni momento, in ogni condizione di vita, vedere, sentire, gustare e captare ogni cosa come l’Atman è il mio credo… sentire l’unità con ognuno e considerare tutti con visione equanime è il mio credo.
Nel mio credo più elevato non vi sono né pezzenti né re, né uomini né donne, né maestri né allievi.
Io amo vivere, muovermi ed avere il mio essere in questa realtà indescrivibile…
La mente e il cuore devono camminare mano nella mano, l’ideale e la realtà devono restare tra loro ben correlati. Lavorare con questa consapevolezza è karma yoga, come dichiarato da Sri Krishna nella Bhagavad Gita. Io prego che questo ideale supremo si attui nella vita quotidiana di ogni individuo, perché vi sia davvero un paradiso sulla terra… e non è un formale augurio il mio, ma una possibilità ed un fatto concreto, che non può essere contraddetto, una verità da realizzare se vogliamo dare alla vita il suo vero significato.