01-GENNAIO



Swami Venkatesananda: 3 gen.
Domanda: Non ho mai pregato nella mia vita, neanche durante la guerra; sono sicura che non riuscirò mai a farlo nella maniera consueta ma, quando mi trovo su una montagna e sono sopraffatta dal silenzio e dalla bellezza e questo mi rende infinitamente felice, non è anche questo pregare?

Risposta: Forse, ma è importante osservare e vedere: qual è il fattore più importante in quello stato? E’ che “mi rende felice”? Allora stai rendendo “me” supremo e “quello” uno strumento per rendermi felice; non credo sia questa la sostanza della preghiera.

La vera preghiera, io penso, è quando l’essere umano riconosce la futilità della sua personalità individuale e, in qualche maniera, guarda dietro il suo sé, verso un Essere superiore (Dio).

Anche qui la motivazione non è del tipo “Non riesco a spostare questo tavolo, mio caro Dio ti prego portalo per me”, ma il riconoscimento che quell’Essere conosce quello che l’individuo non sa.

La preghiera, perciò è un atto di resa. Uno può credere o non credere in Dio o in quella che è venuta ad essere considerata religione, ma è chiaro che, fino a quando il sé governa la vita, non può esserci pace, felicità, benessere, non può esserci integrità né sincerità.


Swami Venkatesananda: 7 gen.      Un Mantra

Lo studente di yoga riceve spesso il suggerimento di usare un mantra. Cos'è un mantra? E' una sorta di formula "che ti salva" dalla tua stessa mente. Qualsiasi mantra o tutti i mantra possono permetterti di trascendere la mente. La mente ripete il mantra e la mente stessa è in grado di ascoltarlo interiormente. Se, mentre ripeti il mantra, ti chiedi: "Da dove viene questo suono?" diventerai consapevole della mente… Quello che è consapevole della mente è al di là della mente.

Lo yoga non può essere praticato, quando uno si isola dal mondo; perché yoga vuol dire relazione armoniosa con la società! E' nella mia reazione al comportamento degli altri, a quello che fanno o dicono, che scopro me stesso. Quella scoperta mi permette di andare ancor più in profondità e scoprire infine che l'io stesso è un pensiero, il primo pensiero, una specie di computer in cui tutti i dati (tradizione, eredità, influenze ambientali, educazione, cultura) sono stati inseriti. Quando si toglie questa copertura, la coscienza cosmica si rivela.


Swami Venkatesananda:   8 gen.

C'è molto nella meditazione del mattino. Mentre dormivamo non eravamo preoccupati, infelici, gelosi o adirati, ma questi stati sorgono appena ci svegliamo. Lo yogi si sveglia presto, come per dire alla mente: "Capisco che vorresti dormire fino alle sei del mattino e poi svegliarti alle tue preoccupazioni. Questo te lo lascerò fare!  Ma io mi sveglierò alle cinque per meditare. Spero tu comprenda che quel periodo non rientra nell'orario in cui tu cominci a preoccuparti, visto che a quell'ora dovresti dormire!"
Durante la meditazione del mattino, lo yogi s'incontra con la pace e la quiete che è naturale alla mente, quando non è sottoposta ad alcuna delle modificazioni portate dall'interazione con le esperienze dei sensi e la loro natura mutevole. In quello stato non è difficile osservare, con attenzione, tutte le porte della mente,  per "vedere" come la mente riceve la prima modificazione. Allora, se uno s'innamora della pace mentale, questa vigilanza proteggerà la mente contro le modificazioni che portano agitazione.

Swami Venkatesananda: 9 gen.

Così tanti metodi sono stati suggeriti per migliorare se stessi, come la soppressione delle cattive abitudini, la sostituzione o la sublimazione, il pensare positivo, la preghiera, la penitenza, il vivere in armonia con l'infinito o Dio. Sicuramente tutti questi hanno la loro utilità in questo mondo, ma spesso dimentichiamo che dev'esserci un'intensa sincerità perché queste pratiche raggiungano il loro scopo.

Tale sincerità ci porterà invariabilmente faccia a faccia con la nostra mente e le sue cattive tendenze, e questo è lo yoga. Se questi metodi vengono applicati meccanicamente, può darsi che invece ci allontaniamo dalla stessa mente e che, sotto quella parvenza di sacralità, fiorisca un'indole cattiva, che si manifesterà in momenti di distrazione.

Uno che è intensamente sincero e osserva la sua mente senza interruzione, è davvero virtuoso perché in grado di vedere direttamente l'effetto autodistruttivo degli opposti di quelle che gli Yoga Sutra descrivono come virtù o yama[1] Si potrebbe dire che è costantemente in sintonia con Dio (perciò un bhakta o devoto), ed il suo non-egoismo fluisce da lui come servizio amorevole verso tutti (perciò è un karma yogi), e conosce bene se stesso (perciò è uno jnani).

[1] Yoga Sutra II. 30. ahimsā satyā asteya brahmaciaryā aparigrahā yamāh
(Quando la luce dell'intelligenza o la consapevolezza della verità illumina la sostanza mentale, l'ordine psicologico viene a prevalere e si manifesta attraverso i seguenti articoli di naturale autocontrollo o disciplina: non-violenzapercezione di ciò che è o verità; non accumulare; continenza o movimento senza sforzo dell'essere totale nell'essenza cosmicaassenza di cupidigia.)


Swami Venkatesananda: 10 gen.

Gli yogi avevano intuitivamente realizzato che quasi ogni attività coinvolge una spesa di prana, che persino mangiare è una spesa di prana; benché il cibo (il contenuto in vitamine) abbia un piccolo contenuto di prana, la nostra fonte principale di prana rimane il sonno! Il naturale corollario di questa realizzazione è questo: quando il corpo e la mente sono a riposo vengono ricaricati di prana e quando c'è uno stato di agitazione o eccitazione ne vengono svuotati. Questo è il principio vitale dello yoga. Se s'ignora questo principio, tutte le pratiche yoga diventano un tipo di ginnastica, utili per rafforzare i muscoli, ma essenzialmente un consumo di prana.

Qualsiasi forma di agitazione nervosa (forte desiderio, ira, gelosia, ansia, paura e odio) è un forte consumo di prana e diventa una situazione dolorosa quando la persona così agitata non riesce a dormire; l'intero sistema nervoso è sotto tensione. Il pranayama riduce la tensione nel sistema nervoso; il genio degli yogi inventò un sistema di esercizi di respirazione per calmare il sistema nervoso e riportare l'armonia. Se, nello stesso tempo lo yogi si connette con la sorgente interiore di prana, per mezzo del japa (giapa: ripetizione del mantra) e dello stato meditativo, allora gli effetti del pranayama saranno davvero miracolosi.

Swami Venkatesananda:           11 gen.

Possiamo liberarci anche dall'ansia di liberarci dall'ansia?
Questo è possibile se la mente si rende conto che quella grande saggezza e potere che ha creato voi ed io e l'intero universo è certamente capace di sostenerlo; non si tratta di avere una fede cieca, ma di una fede che nasce dalla visione interiore ottenuta con la meditazione.
L'andamento del respiro indica lo stato del sistema nervoso: i due sono collegati. Se durante la respirazione a narici alterne, osservi il flusso del respiro, conosci lo stato dei tuoi nervi! Quando il respiro è disordinato o corto, anche il sistema nervoso è in uno stato di agitazione. Invece di fare l'inutile sforzo di "controllare" l'agitazione, se continui con la respirazione consapevole, l'agitazione si riduce.
Inspira attraverso la narice sinistra ed espira attraverso la destra; ora inspira con la destra ed espira con la sinistra. Quando questo diventa facile, fluido e prolungato, prova a trattenere il respiro per alcuni secondi. Quando anche questo diventa facile, allora cerca di tenere i polmoni vuoti per alcuni secondi dopo ogni espirazione. Forse questo ti aiuterà a realizzare cos'è il prana! Osserva attentamente: il potere che richiede l'inspirazione successiva è il prana.
Se vuoi la giusta ispirazione, respira correttamente; ecco cosa significa "inspirare".

Swami Venkatesananda:              12 gen.

Lo Yoga non è né una serie di esercizi né la capacità di parlare come se uno sapesse tutto della vita sulla terra e altrove. Non è discutere su Dio né è disgusto per il mondo. Nessuna di queste cose pone alcun problema serio nella nostra vita, esse esistono anche quando dormiamo profondamente, ma i problemi non esistono allora, perché il creatore dei problemi non esiste. Il creatore è la nozione "Io sono…"

Attraverso i suoi vari metodi e diverse tecniche, lo yoga ci aiuta a realizzare questo. Deriviamo l'energia o la forza vitale, il prana, non tanto dal cibo, dalle bevande, dall'esercizio fisico e neanche dal riposo, quanto dal sonno profondo. Quando l'io è assente, il prana fluisce liberamente. Quando è, anche solo temporaneamente, sospeso amiamo e serviamo, dimenticando noi stessi: l'energia scorre liberamente e ce n'è in abbondanza.

La salute, la felicità, la guarigione, la santità, il potere, l'illuminazione e l'estasi sono una sola cosa e questa è al di là del "me". Quando questo "me" cessa di essere, c'è armonia. Quell'armonia è yoga. Il prana fluisce, l'amore fluisce, Dio è.

Swami Venkatesananda:              13 gen.

Ci rendiamo conto che il mondo non ha mai realmente goduto la pace? Infatti, è proprio questo il motivo per cui ancora desideriamo la pace. Certamente vi sono stati periodi di pace, ma sono stati come delle tregue tra due guerre, periodi in cui le potenze si sono riposate per recuperare, come i pugili tra due riprese. Una maniera molto semplice di abolire le guerre è di insistere che la persona firmataria della dichiarazione di guerra debba essere il primo soldato sul campo di battaglia. Sono sicuro che nessuno si azzarderà a firmare una dichiarazione di guerra che diventerebbe la sua condanna a morte.
Forse vi sembrerà disgustoso - la verità è spesso sgradevole - rendervi conto che chi sostiene una guerra nella quale altri combattono e vengono uccisi, è un cannibale; un cannibale uccide altri esseri umani in modo che lui possa vivere.
D'altra parte è ovvio che la guerra non può e non sarà abolita finché il clima personale e sociale che genera la guerra non cambia. L'accumulo della ricchezza e la concentrazione del potere, la distribuzione disomogenea della risorse naturali, la palese o celata negazione ad alcuni dell'opportunità di studiare o lavorare, l'oppressione e lo sfruttamento di alcuni da parte di altri - questi generano il conflitto, la guerra e la violenza.

Swami Venkatesananda                        14 Gennaio

Io sono di natura ottimista, ma sono anche abbastanza realista da essere pessimista quando si tratta di accettazione di massa di qualsiasi dottrina, pensiero o ideologia.

Un "lavaggio del cervello" può essere fatto da esponenti che aspirano al potere in qualsiasi campo; questi possono trovare argomenti convincenti per convincere i convertiti - i quali spesso si convertono perché divideranno una parte del bottino. Una tale procedura può essere non necessaria in una società totalitaria; ma in una tale società la dottrina o l'ideologia non è realmente accettata dal popolo - la paura reprime l'opposizione interiore che aspetta il momento opportuno per scoppiare in una contro-rivolta.

In ognuna di queste situazioni qualcuno fa riferimento ad un verso di una scrittura o avanza argomenti altruistici. Tutto questo diventa chiaro quando riflettiamo sullo stato del mondo in cui viviamo - un mondo che pure è stato calpestato dai piedi benedetti di Krishna, Buddha, Gesù, Maometto, Gandhi e migliaia di santi e saggi.
La maggioranza delle persone nel mondo sarà sempre legata al materialismo; come Krishna dichiarò:

"Uno su mille si sforza per la perfezione spirituale".

Eppure è possibile visualizzare che intorno a quei grandi uomini qui citati si riunì un gruppo di seguaci e di apostoli. La maggior parte di questi erano ovviamente dei giganti spirituali. Questo è possibile: e questa è la base del mio ottimismo.


Swami Venkatesananda                        15 Gennaio

DOMANDA: Come ci comportiamo con qualcuno che si considera nostro nemico? Dobbiamo piegarci e mostrare la nostra debolezza, lasciargli godere un po' di più la nostra caduta?
Se io sono molto bravo nel mio lavoro e qualcuno e geloso, non è come tentare gli altri, come mostrare il gioiello al vicino?

RISPOSTA: Tu stai affrontando il problema da un punto di vista sbagliato e impossibile. Tu non sai per certo quello che l'altra persona fa o pensa. Rivolgi la domanda a te stesso:
Stai tu considerando te stesso come suo nemico? Stai tu cercando di essere più bravo di lui per renderlo geloso?
Se non è così, sii te stesso. L'altro risolverà prima o poi il suo problema; in ogni caso è affar suo.
*** 
Alcune persone hanno amici che li amano e nemici che li odiano.
Alcune persone fortunate hanno amici che li amano e nemici che li comprendono.
Altre persone hanno nemici che li disprezzano e amici che li hanno in antipatia e li disapprovano.


Swami Venkatesananda                        16 Gennaio

Chi è la tua amica e chi è la tua nemica?

E' la tua mente. Se la tua mente è controllata, disciplinata e pura, quella mente è la tua amica. Se la tua mente è impura, indisciplinata, violenta, piena di odio, attaccamento e vanità, è la tua nemica. Qui non c'è una divisione tra mente pura e mente impura: la parte impura della mente non può essere distrutta; dev'essere purificata e l'impurità dev'essere gettata via.

Per avere questo risveglio, tutti i vecchi pregiudizi devono scomparire; qualunque fede nel falso dev'essere scartata. Abbiamo questa percezione? Riusciamo a vedere che le nostre stesse false credenze, i pregiudizi, la fede in ciò che è irreale, ci stanno portando verso il precipizio? Se non vediamo questo pericolo, è meglio che interrompiamo ogni inchiesta. Finché non ci risvegliamo, non vediamo la verità e per svegliarci, dobbiamo confrontarci con la tragedia della nostra vita.

La saggezza consiste nell'essere capaci di vedere di prima mano, intimamente, senza alcun mediatore. Cosa devo vedere? Che la nascita è dolore, che la morte è la mannaia e che la mia percezione di entrambi è solo di seconda mano. Non apprezziamo i doni divini, perciò la nostra vita è piena di dolore immaginario. Il dolore è ignoranza profonda, ignoranza spirituale, cecità spirituale, nella cui stretta perversa siamo intrappolati.

       Swami Venkatesananda                        17 Gennaio

Promuovere la pace e condurre l'uomo alla beatitudine eterna sono i veri significati e scopi della religione. Eppure, non ci vuole molto perché chiunque si renda conto che, al contrario, la religione è stata accusata di promuovere la disarmonia e il dolore. E' la religione che ha fallito nel suo compito o siamo noi che abbiamo fallito nella religione?

Se vi fate un giro per il mondo, scoprite un fenomeno interessante. Quelli che appartengono a degli ordini religiosi dicono ai laici quello che dovrebbero fare, e i laici pongono delle regole per gli ordini religiosi. Quando ci sarà qualcuno che assimilerà lo spirito della religione in modo che questo possa agire da dentro di lui?

Quando ci confrontiamo veramente con lo spirito della religione e comprendiamo intellettualmente il messaggio della religione, ce ne allontaniamo. Siamo riluttanti ad abbandonare la nostra maniera egoistica e materialistica di vivere, ma produciamo degli abili argomenti per difenderla e forse anche per riconciliarla con la religione!

Le "responsabilità familiari", l'"ordine sociale", la "difesa personale", vediamo che tutti questi militano contro lo spirito fondamentale della religione che è la resa totale di sé alla volontà di Dio e l'amore incondizionato per il prossimo.



Swami Venkatesananda                     20 Gennaio

Come mai leggiamo e rileggiamo i testi sacri come la Bhagavad Ghita? Il giornale del mattino non lo rileggiamo, a meno che non ci sia qualche scandalo o pettegolezzo. Non basta leggere il Vangelo o la Bhagavad Ghita una volta sola? Rileggendo  la scrittura scopriamo che, mentre questa ovviamente rimane la stessa, il lettore non è lo stesso; c'è un continuo cambiamento che avviene in noi: o ero immaturo qualche anno fa e ora sono maturato, oppure ero maturo allora e adesso sono diventato un po' meno sveglio: il cambiamento però è continuo e, siccome è continuo, non lo notiamo.
Quale percentuale di quello che sentiamo o leggiamo ci ricordiamo? Molto poco; la mente ha la straordinaria capacità di registrare solo quello che è pronto ad accettare oppure quello che ci scuote. Man mano che maturiamo però, sempre più scompartimenti della mente si aprono e diventano ricettivi. Allora, le stesse parole che avevamo ascoltato chissà quante volte, assumono un altro significato. Perciò rileggere la stessa scrittura ha su di noi una maggiore influenza e produce degli effetti.


Swami Venkatesananda                     21 Gennaio

Si dice che gli insegnamenti della Bhagavad Ghita furono dati sul campo di battaglia. Un insegnamento assume significato solo quando uno si trova nella situazione che viene descritta - allora non è più una descrizione ma una realtà. E' facile drammatizzare e immaginare ogni sorta di situazioni, ma finché uno non si trova realmente nella situazione, il significato non è chiaro; eppure  noi studiamo la scrittura ogni giorno.
Quando la guerra del Mahabharata cominciò, Krishna, che gli indiani considerano un'incarnazione divina, si offrì di guidare il carro del guerriero Arjuna. Questo guerriero così coraggioso qual era Arjuna, chiese a Krishna di guidare il suo carro da combattimento al centro dei due eserciti schierati, in modo che potesse osservare tutti quelli che erano coinvolti nella battaglia. Quando però vide quelli che aveva chiamato suoi nemici, il suo atteggiamento cambiò. Questi non gli sembravano più nemici - erano parte della sua stessa gente, i suoi cugini, i suoi maestri. Si accasciò sul carro dicendo a Krishna: "Devo combattere e ucciderli?"


Swami Venkatesananda                     22 Gennaio

Quando leggete questi versi ne siete toccati: "Non è meraviglioso! Non è idealistico!" Ma Krishna non lo considerò vero altruismo; quel tipo di compassione basata sull'ignoranza non era che viltà; a volte evitare la violenza può essere un'altra forma di violenza. Formalmente noi consideriamo solo l'aggressione di un altro come violenza; se colpisco un altro sono violento ma se sto scoppiando dalla rabbia e la sopprimo, vengo considerato non violento. Se colpisco un altro, lui viene ferito ma, se sopprimo quell'ira, io sono ferito.
Noi conosciamo solo questi due, pensiamo di dover scegliere tra l'uno o l'altro: o devo dare sfogo alla mia violenza, oppure devo sopprimerla. Non c'è una terza possibilità? Quella terza possibilità comporta il comprendere me stesso e comprendere gli altri - venire alle prese con la vita così com'è, vedere la verità per quello che è, vedere l'intero cosmo per quello che è. Quando quella verità è vista, quella verità stessa agisce.


Swami Venkatesananda                     23 Gennaio

Qual è dunque la differenza tra un codardo e un saggio? Entrambi potrebbero ritirarsi dalla battaglia ma, quando il codardo si ritira trova sempre necessario razionalizzare o giustificare le sue azioni. Quando uno sente di dover giustificare le proprie azioni è perché dentro ha un senso di colpa. Se non mi sento in colpa, non mi giustifico per quello che faccio, lo faccio e basta. Quando più tardi, a casa andrete a dormire, non vi sentirete in colpa; se però cominciate a russare qui, vi sentite in colpa e dite: "Sapete ho lavorato tanto oggi e sono stanco". Chi è interessato a questo? Solo voi, perché volete coprire il vostro senso di colpa giustificandovi.
Anche Arjuna, discutendo dei più alti principi morali sta parlando fuori luogo; il fatto stesso che la sua mente chiede una giustificazione mostra che c'era della confusione in lui. Se non c'è confusione, non si cerca una spiegazione o razionalizzazione. La giustificazione viene come copertura e la risposta di Krishna vuole raggiungere quello che c'è dentro, al di sotto di questa copertura. Non è come se la Bhagavad Ghita approvi la violenza come naturale per la società umana; l'insegnamento invece va nella direzione di smascherare i processi di pensiero e mostrare che dentro, nel profondo si trova la verità.   Se vai a sbucciare i tuoi sentimenti, i tuoi processi di pensiero, le tue razionalizzazioni, lì la verità risplende.


Swami Venkatesananda                     24 Gennaio

Lo Yoga dunque è un sistema per togliere la maschera da se stessi, per vedere se stessi così come si è. Arjuna, l'allievo, questo non lo stava facendo, ed è proprio questo che Krishna, il maestro, lo ispira a fare, rivelando una semplice contraddizione nel suo comportamento, "Tu parli come se fossi un saggio ma i saggi non si addolorano: l'afflizione e la saggezza non coesistono", dice Krishna nel primo verso del suo insegnamento. Invece di cercare delle spiegazioni esterne, guarda direttamente questa preoccupazione, scopri questo dolore e questa debolezza interiore; finché uno cerca spiegazioni e giustificazioni al di fuori di se stesso, non si pone fine a quella inquietudine interiore. Ci si sta chiedendo la domanda sbagliata.
Se avvicini un fiammifero a del cotone imbevuto di benzina, questo s'incendia ma, se avvicini lo stesso fiammifero a delle bucce di banana verdi, non succede niente; La differenza è nell'infiammabilità del materiale: quando ci rendiamo conto della nostra inquietudine interiore, dobbiamo cercare dentro, cosa corrisponde alla natura infiammabile del cotone. Non è il fuoco la causa dell'incendio: la causa è la natura infiammabile del materiale con cui viene a contatto. Se la disposizione interiore è trasformata, non s'incendierà mai; se quella predisposizione interiore è modificata non ci sarà mai dolore e preoccupazione, non importa cosa succede fuori.



Swami Venkatesananda                     25 Gennaio

Tutti noi siamo dotati di una certa natura interiore; Arjuna era un guerriero, era nato come guerriero e godeva di quella natura particolare di un guerriero. Un leone è carnivoro e gode della natura di un carnivoro; non c'è differenza tra un animale carnivoro che divora una gazzella, una mucca che bruca l'erba e voi ed io che mangiamo dei panini. Stiamo tutti facendo la stessa cosa: stiamo agendo in accordo con la nostra  natura fondamentale o coloritura interiore. Non c'è violenza in un leone che divora una zebra e non c'è violenza o conflitto in me, se mi conformo alla mia natura interiore. Se vivo in stretto accordo con questa natura, non c'è alcun conflitto interiore in me.
E' solo quando introduco qualcos'altro che il conflitto si manifesta nella mia vita. Ciascuno, agendo in accordo con la propria natura fondamentale compie una funzione importantissima in questo mondo; niente è stato creato ridondante. Ogni specie in questo mondo è stata portata in essere dal creatore e non c'è niente di sbagliato, eccetto quando il conflitto o la confusione si fa strada. Questa confusione sorge quando uno si allontana dalla propria natura fondamentale. E' perché Arjuna stava cercando di sviare dalla sua natura, cercando di adottare un atteggiamento che non era il suo, che Krishna gli dice di fare il suo dovere e combattere.





Swami Venkatesananda                     26 Gennaio

Qual è la propria natura? Vi sono alcune dichiarazioni sconcertanti nella Ghita, che spesso sono state mal interpretate: In un passaggio Krishna mette in ridicolo ogni tentativo verso la disciplina, "La natura funziona, ogni cosa funziona in modo naturale: cosa s'intende per controllo o disciplina?" Questa dichiarazione sembra contraria a tutti gli insegnamenti religiosi. In un altro punto Krishna afferma: "Il saggio, operando nella maniera in cui sembra operare, non è per niente contaminato dalle sue azioni". Gli occhi sono aperti, la vista ha luogo. Così, quando parliamo della natura, non è la tua natura o la mia natura, ma la natura stessa. Quello che è naturale è istantaneamente al di là del pensiero e dei sentimenti; la parola e l'intelletto ne tornano sconfitti.
Ci viene detto che nella guerra del Mahabharata dei grandi guerrieri combattevano tra di loro senza pietà ma, senza il desiderio di uccidere. Il peccato non è nell'uccisione di per sé. Il peccato è nel desiderio di uccidere. Una tigre che mi salta addosso non sta peccando - non ha il desiderio di uccidermi: la sua azione avviene senza l'interferenza dell'ego. Quando non c'è il desiderio di uccidere e non c'è il desiderio di proteggere, quando non c'è il desiderio di agire e non c'è il desiderio di frenarsi dall'agire, quando l'ego è completamente assente e l'azione ha luogo, quell'azione è azione naturale.




Swami Venkatesananda                     27 Gennaio

Quando una torcia è rivolta verso i miei occhi, le pupille naturalmente si contraggono: non c'è interferenza dell'ego, la natura agisce in maniera pura e, dove questo avviene, c'è libertà dalla violenza. Non c'è assolutamente alcuna aggressione. Il puro aspetto marziale della natura può manifestarsi per fare il suo lavoro; la natura può usarci come parte di un altro piano, di cui noi non abbiamo alcuna cognizione. I guerrieri del Mahabharata non professavano un desiderio personale di uccidere ma, essi stessi erano indifferenti, quando veniva il loro turno di essere uccisi: questa è la prova! Quando io sono l'aggressore e tu l'oppresso, posso citare a mio favore la più sublime filosofia ma, quando la sorte cambia, devo ancora essere in grado di sorridere alle meraviglie della natura. Se sei in grado di comportarti così, probabilmente hai visto un po' della verità.

Penso però che dobbiamo anche vedere come l'aggressione e il desiderio non siano differenti l'uno dall'altro: se ho il desiderio ho anche l'odio. Se mi piace qualcosa, automaticamente non mi piace qualcos'altro. Questi due sono un unico fattore psicologico; non posso cessare di odiare, di essere aggressivo, finché nel mio cuore c'è il desiderio. E' il desiderio stesso che si manifesta come odio. Se comprendo questo fenomeno del desiderio, allora comprendo il fenomeno dell'aggressione. Tutto questo può essere compreso e, quando viene compreso, il male cade via e la natura funziona.



[1] Yoga Sutra II. 30. ahimsā satyā asteya brahmaciaryā aparigrahā yamāh
(Quando la luce dell’intelligenza o la consapevolezza della verità illumina la sostanza mentale, l’ordine psicologico viene a prevalere e si manifesta attraverso i seguenti articoli di naturale autocontrollo o disciplina: non-violenza; percezione di ciò che è o verità; non accumulare; continenza o movimento senza sforzo dell’essere totale nell’essenza cosmica; assenza di cupidigia.)