Venkatesa daily readings - Letture quotidiane di Swami Venkatesananda,
9
nov.
Quale relazione
intercorre tra la respirazione e la meditazione? Così, come gli occhi sono la
finestra dell’anima, allo stesso modo il respiro è il monitor della tensione
nervosa e dell’attività mentale.
Il respiro,
la mente, i nervi e anche il battere delle ciglia sono in qualche modo collegati.
L’agitazione in uno di essi è accompagnata da un’alterazione negli altri.
Forse lo
scopo più importante del respiro, che però è rimasto nascosto a molti, era
quello di portare rilassamento ai nervi e calmare la mente, più che
semplicemente ventilare i polmoni!
Provate a
rimanere assorti in profonda contemplazione e vedrete come il respiro rallenta,
diventa sempre più delicato: “Il respiro
fluisce dentro le narici”, era l’espressione usata da Swami Sivananda.
Quando si è assorti nel silenzio interiore, anche il minimo movimento del
respiro è percepito come una forte distrazione; è allora che avviene la
sospensione spontanea del respiro. Gli occhi, anche se sono aperti, assumono
uno sguardo “distante” e le palpebre non battono.
Inspirate ed
espirate alternando le narici, osservate il carattere del flusso dell’aria:
conoscerete lo stato dei vostri nervi e della stessa mente.
Osservate:
quando c’è tensione, i globi oculari sono agitati e hanno la tendenza ad andare
verso l’alto. Volgendoli deliberatamente verso il basso, potete tenere sotto
controllo anche l’agitazione. Forse è questo lo scopo del suggerimento della
Bhagavad Gita “…guardando la punta del
naso…”, in cui Krishna descrive la posizione meditativa (VI, 13).
Praticate e
realizzate la verità.
Swami Venkatesananda: 11
nov.
Guardo dentro di me e mi sembra che la mia personalità sia
spezzettata, frantumata in mille pezzi. E’ davvero così? La mia libertà, la mia
conoscenza, la mia illuminazione, sono state completamente obliterate? Se è
davvero così, niente può salvarmi! Ma guardando più a fondo dentro di me, sento
che non può essere così. Sto solo suggerendo che forse non è così.
Per darvi un’illustrazione appropriata, immaginate di trovarvi vicino
alla sponda di un fiume in una bella notte di luna piena. La luna è riflessa
nell’acqua, ma non la vedete come un bel disco bianco – è spezzettata – la
superficie dell’acqua è agitata. Ecco la chiave.
Lo yogi realizza che la personalità non è stata realmente frammentata,
ma che la frammentazione è apparente ed è dovuta al fatto che la mente non è
calma. Una mente calma è di per sé virtù, una mente agitata, non importa quanto
santa quella persona possa sembrare, è la fonte di ogni male.
Tutti godiamo di una mente calma nel sonno, ma non essendo consapevoli
di quella calma, non ci è di beneficio. Lo yogi cerca deliberatamente di
riprodurre, di creare questo stato di armonia mentre è sveglio e cattura un
momento di quella integrità, di quell’armonia interiore, di quella omogeneità.
Da quel momento in poi la sua vita è una ricerca continua per salvaguardare
quest’armonia interiore.
Swami Venkatesananda: 12 nov.
Cos’è la devozione? Come devo adorare Dio? Devo inginocchiarmi,
battere la testa sul pavimento? Devo prostrarmi, oppure offrire un dono
consistente? Fa quello che preferisci; la caratteristica essenziale qui è “con
l’amore nel tuo cuore”. Qualunque cosa offri, che si tratti anche solo di un
frutto un fiore o dell’acqua, non importa. Ciò che conta è l’amore, la
devozione.
Cos’è la devozione? Significa dimenticare completamente se stessi. In
alcune sacre scritture vi sono descrizioni di grandi devoti di Dio i quali, in
uno stato di estasi, hanno gli occhi grondanti di lacrime. Queste sono
descrizioni molto belle, ma sono solo segni esteriori di estasi. Come si
distingue tra devozione ed emozione? Osservate le parole. Emozione è movimento
verso l’esterno: “Amo lui, amo lei, amo qualcosa”. Quando la mia coscienza
fluisce verso l’esterno, è emozione.
Cos’è la devozione? E’ un movimento in profondità dentro di me; non
dovrebbe esserci neanche una manifestazione esteriore. La devozione è l’opposto
dell’emozione, è la profondità, la fontana della visione della verità, che ama
la verità, che ama Dio nel profondo, non solo qui, ma in ogni luogo, dentro
ognuno e ogni cosa. Quando raggiungo la profondità dell’immagine, scopro
all’improvviso che nel profondo di ogni essere, incluso questo essere, c’è Dio.
Come devo adorarlo? In qualsiasi modo preferisco farlo.
Swami Venkatesananda: 16 nov.
“Più
grande dell’uomo di conoscenza, di penitenza e d’azione è lo yogi; perciò
diventa uno yogi” disse il Signore
Krishna nella Bhagavad Gita.
“Non
c’è una missione più nobile che mangiare, bere e dormire? E’ difficile ottenere
una nascita umana, perciò cerca di realizzare (Dio) in questa vita”, ammoniva il mio guru Swami Sivananda.
Il Mahatma Gandhi non ci permetteva mai
di dimenticare, neanche per un momento che, finanche la sua inaudita, epocale
attività politica faceva parte della sua avventura nel reame divino o della
verità.
Yoga è integrazione della nostra
personalità, cosa che previene innumerevoli malattie fisiche e psichiche, della
nostra individualità con la società, che assicura benessere sociale, armonia e
prosperità del paese; dell’anima con Dio, che è illuminazione o salvezza.
Non è una religione o un culto; ben
compreso, è il nucleo di tutte le religioni: la conversione religiosa perde
ogni significato; lo yoga rafforza e ridona vitalità alla fede di ognuno nella
propria religione. Promuove la vera comprensione in ogni praticante, che è
desideroso di riconoscere agli altri la stessa libertà religiosa che lui stesso
desidera. Passo dopo passo, lo yoga ci porta all’apice della perfezione, la
libertà totale da ogni tipo di limitazione o soggezione.
Swami Venkatesananda: 17
nov.
Noi aspiranti spirituali, cosa
vogliamo? Il premio che cerchiamo è la realizzazione del sé che è sinonimo
della “pace che è al di là di ogni comprensione”, la “beatitudine eterna”, la
“vita eterna”.
Per guadagnarsi il pane quotidiano, che
appaga la sua fame solo per qualche ora, l’uomo fatica almeno sei ore al
giorno. Per ottenere la realizzazione del sé, che appagherà tutti i nostri
desideri e ci condurrà all’eterna soddisfazione, cosa dobbiamo fare? E’ sufficiente
dedicare qualche minuto al giorno alle nostre pratiche di yoga? No, lo yoga
deve diventare il nostro respiro vitale; se dedicate un’ora al mattino alla
pratica delle āsana e del prānāyāma, le altre ventitré saranno trascorse in
maniera salutare e se dedicate un’altra ora alla meditazione, quelle ventitré
ore saranno piene di divinità.
Lo yoga è la vita: tutta la nostra vita
dev’essere resa divina; quella è la “vita divina”. Vivere in sintonia con
l’infinito, lasciare che la divinità irradi attraverso ognuno dei nostri
pensieri, ogni nostra parola o azione: quello è yoga. Quello è il prezzo che
dobbiamo essere pronti a pagare, per vincere il premio inestimabile della
realizzazione del sé.
Swami Venkatesananda: 18 nov.
Viviamo in uno strano mondo, ma non è
così strano, perché è sempre stato così. Per chi ha fatto uno studio onesto
della leggenda chiamata storia e della storia chiamata leggenda, apparirà
evidente che il problema è rimasto lo stesso – la lotta tra le forze della luce
e le forze delle tenebre. Se le forze del bene trionfano, il loro successo trasforma
loro o i loro discendenti in forze del male, e così la giostra continua a
girare.
I vittoriosi erigono muri di sicurezza,
con il motivo dichiarato di proteggere la luce, ma ovviamente per coprire l’ansia e il tormento del loro senso di inadeguatezza e così, in effetti, s’imprigionano
nella loro gloria, avendo rinchiuso i propri nemici in un’altra parte dello
stesso edificio. La distinzione è formale.
Non c’è via d’uscita da questo circolo
vizioso? Dov'è la luce che ci rende liberi? C’è uno stato di essere nel quale
non rivolgiamo la luce su noi stessi nel tentativo di apparire come persone
superiori e neanche nascondiamo il nostro volto da quella luce, trovando
diletto nella vanità delle tenebre? Lo splendore della luce fa male a questi
ultimi e imprigiona i primi. Eppure, prima o poi, qualcuno scoprirà che la luce
non è da possedere, ma da emanare.
Swami Venkatesananda: 19 nov.
Uno che decide di percorrere il sentiero spirituale dev'essere eternamente vigilante, non deve lasciar cadere quell'attenzione neanche per un
singolo momento. Finché c’è un ‘io’ capace di essere in guardia, e perciò anche
di essere distratto, uno deve rimanere all'erta. Questa vigilanza perpetua è di
per sé illuminazione, liberazione.
Penso sia facile capire come e perché una persona che è eternamente
vigilante sia inevitabilmente felice nella sua vita qui e ora; questo
è ovvio. Se so che quando metto il dito in questa presa di corrente, posso
rimanerci fulminato o prendere una brutta scossa, sicuramente non lo farò.
Questa è la persona di vigilanza perpetua.
Uno che realizza che una certa azione è stolta e causa dolore, non la
farà; è vigile; una persona che è eternamente vigilante è felice
ora; il suo stesso cuore è il paradiso qui e ora. Nella luce della vigilanza
eterna si è già liberato dalle tenebre dell’ignoranza.
Swami Venkatesananda: 20 nov.
Cadiamo, perché tentiamo di essere i primi: qual è il motivo che mi
spinge a essere il primo? E’ il desiderio di avere il controllo su di te, di
dominarti, di plasmarti. E’ qui che abbiamo sbagliato. La rosa, con il semplice
essere se stessa attrae tutti. Nell’ashram abbiamo un alveare; non devo neanche
dire alle api dove stanno sbocciando le rose: lo sanno già. Il fiore, con il
semplice essere quello che è, ha un forte potere d’attrazione verso tutte
quelle api.
Lo Yoga è l’arte della scoperta di sé, di essere se stessi. Cosa sono?
Sono una rosa rossa, una rosa gialla o una rosa bianca: chi sono? C’interessa davvero
sapere questo, o stiamo solo lottando per raggiungere un cosiddetto traguardo?
Se esaminiamo attentamente questa storia del raggiungere un traguardo,
scopriamo che suggerisce sempre la nostra superiorità su qualcun altro, altrimenti l’idea della meta non sorge. La meta è che devo essere più qualificato del mio
amico, devo avere più muscoli di quel tale; vuol dire sempre di più e di più.
Esiste un traguardo che non implichi questo paragonarsi, che non introduca la
competizione, l’essere “di più”? Lo Yoga ci permette di lasciar cadere, in
maniera completa e totale l’intero concetto di diventare qualcosa. Volendo essere consapevole di me stesso, non posso
esserlo più di quanto lo sia tu: è assurdo; io posso
solo essere consapevole di me stesso. Quando la mente è calma e sono in grado di
osservarla, la mente è limpida: quella mente limpida è trasparente e rivela i
segreti interiori. Allora lo Yoga mi permette di scoprire chi “Io sono”.
Swami Venkatesananda: 21 nov.
Se permettete
alla forza vitale di funzionare senza la vostra interferenza, godrete di ottima
salute, perché è solo l’interferenza umana che distrugge la salute. Meno
interferite, meglio il corpo funziona.
Nella pratica delle posizioni yoga, non c’è bisogno di aver paura. Fino a
che punto posso spingermi? Non chiedere a me, chiedi a te stesso. Posso fare
questo? Non chiedere agli altri; prova e osserva, e nello stesso tempo impara
ad ascoltare la voce del tuo stesso corpo, quella voce dentro di te ti dirà: “Fin qui e non oltre”. Quando disobbedirai a quella voce? Quando la tua
motivazione è sbagliata.
Quando il corpo è in uno stato di buona salute, la mente diventa chiara. Lo
yoga ti permette di vedere la tua propria mente, di osservare la tua mente.
Quando la mente è calma e tranquilla e sei in grado di osservarla, allora è
limpida. Quella mente limpida è trasparente, la mente trasparente rivela i
segreti interiori. Questa è chiamata chiaroveggenza,
che significa proprio “vedere chiaramente”. La mia mente è limpida, non è
confusa, perciò sono in grado di vedere dentro, di vedere la mente con chiarezza e
lì, in quella trasparenza, uno scopre chi è veramente.
Swami Venkatesananda: 22 nov.
Normalmente ci viene insegnato che la
veglia, il sogno ed il sonno profondo sono tre stati distinti e differenti, che
si susseguono. Cioè, quando finisce la veglia, viene il sogno e quando finisce
il sogno viene il sonno profondo, poi, quando il sonno profondo ha termine,
viene di nuovo il sogno.
Ma in un commento del
Mandukya Upanishad, l’autore fa un’affermazione molto semplice ma che, nello
stesso tempo può avere un risvolto molto importante. Secondo l’autore questi
tre esistono sempre, in ogni momento.
Quando pensi di essere
sveglio, stai già sognando e dormendo contemporaneamente e quando stai sognando
sei anche sveglio in qualcosa che è chiamato sogno, solo che gli oggetti visti
sono differenti, le esperienze vissute sono differenti. Similmente, quando
dormi profondamente, sei in un altro mondo, un terzo mondo che è il mondo del
sonno, dove stai vivendo un altro tipo di esperienza paragonabile al sogno e
all’esperienza della veglia.
E’ un bellissimo pensiero.
Quando diventa realizzazione, sei libero. Quella realizzazione è quella che è
chiamata illuminazione. Tutte queste parole denotano una sola cosa; una
consapevolezza diretta della semplice e fondamentale verità che non c’è
divisione tra gli stati chiamati veglia e sogno e tra questi due e il sonno.
Swami Venkatesananda: 23 nov.
Quando uno è sveglio, quando il cuore è puro,
uno scopre che la verità spirituale non è chiara, perché la mente è incostante
e distratta da molte forze.
L’uomo cerca di trattare con queste una per
una ma ogni vittoria lo sconfigge, ogni problema risolto ne ha generato
un’altra dozzina. L’aspirante si rende conto che persino il lavoro positivo che
ha fatto su se stesso non ha fatto altro che rafforzare il suo ego. Solo quando
tutte le azioni sono fatte come offerta di adorazione al Signore questo
pericolo è sventato.
Solo quando l’ego si arrende al divino,
questa instabilità prodotta dalle distrazioni cessa e l’aspirante vede il
Signore, che egli adora in ogni sua azione, in tutti i nomi e le forme in
questo mondo e attraverso di essi.
L’ultimo passo non può essere fatto dalla
personalità umana, ma è la discesa stessa del divino che redime l’aspirante. Il
velo non può essere sollevato dall’uomo; tutte le aspirazioni, anche quella per
la liberazione, cessano e l’aspirante, nelle parole del Cristo dirà: “Non la
mia volontà ma la tua”. Anche questa formula può diventare non necessaria,
perché il divino scenderà soltanto in un cuore puro e non dimentichiamo che la
crocifissione deve precedere la risurrezione: la risurrezione è un atto divino,
non un raggiungimento umano.