Swami Venkatesananda (Venkatesa dailly readings) 8 dicembre
I motivi che ci spingono ad agire in un
modo o nell’altro, sono generalmente nascosti nel subconscio ed è difficile
scoprirli. Dovremmo sempre cercare di tuffarci in profondità dentro di noi e
piantarvi la giusta prospettiva della vita. Questo si fa con la meditazione e
se non facciamo questo lavoro, il servizio reso alle persone a noi care o ad
altri, anche se inizia come puro amore, alla fine porta o all'attaccamento o
all'antipatia.
C’è una forza misteriosa dentro di noi,
che non ci permette di amare tutti e servire tutti. Questa forza genera due
correnti: attrazione e repulsione, attaccamento e odio. Amiamo quelli che ci
piacciono ed è verso di essi che la corrente delle nostre “simpatie” ci
trascina. Siamo generosi con loro e ci aspettiamo che essi reciprochino. Da
altri la corrente delle “antipatie” ci fa allontanare, li odiamo e siamo
crudeli con loro. Anche l’amore per quelli che ci sono simpatici non dura per
sempre, perché questi non reciprocano il nostro amore. L’amore diventa odio e
questi diventano i nostri peggiori nemici.
Nessun altro mezzo, se non la
meditazione, affiancata dal servizio non-egoistico o karma yoga, ci permette di
superare queste due correnti di infatuazione, attaccamento, desiderio; e odio,
ira e avversione. Vi sono tanti metodi di meditazione, ma la legge inalterabile
è che, se siamo sinceri nell’approccio alla nostra pratica, dobbiamo arrivare
alla verità che il Dio che dimora nel nostro cuore dimora in tutto e in tutti.
9
dicembre
Lo Yoga non proibisce ai suoi adepti di godersi la
vita. Non chiede che uno si allontani da tutti i piaceri della vita. Abbiamo il
vizio di circondarci di tante proibizioni, che nessuno vuole avvicinarsi a delle
pratiche spirituali, perché, prima di intraprendere delle pratiche spirituali,
penso ad una lista di cose a cui dovrò rinunciare. Quando incontro qualcuno che
mi dice qualcosa del genere, gli chiedo invece:
“Dammi qualcosa che posso fare, non
una lista di proibizioni; vediamo un po’ di cose positive da fare".
Al contrario di impedire ad un suo adepto di trarre
piacere dalla vita, lo yoga permette di godere la vita con più entusiasmo. Se
io decido risolutamente che voglio vivere per essere felice, che vivrò in
maniera tale che la vita mi dia piacere, allora sono sicuro che la mia vita
sarà ben ordinata, ben disciplinata.
Sono sicuro che mangerò le cose giuste, che
m’impegnerò nelle attività appropriate. Prima di prendere in mano una
sigaretta, penserò: “Davvero questa mi dà piacere?” Momentaneamente, forse, ma
sento che poi mi porterà a soffrire; allora, forse non m’interesserà più. Basilarmente
dunque, la filosofia dello yoga non indulge in ingiunzioni e proibizioni, ma
promuove la consapevolezza. Questa è la parola chiave. Consapevolezza.
14
dicembre
Spesso
pensiamo che la persona capace di vedere colori e avere delle visioni sia uno
yogi, che chi riesce a leggere i nostri pensieri sia uno yogi. Queste sono
tutte nostre idee, creazioni della nostra mente, del nostro ego.
Tutte le
nozioni preconcette di cosa sia giusto o sbagliato, buono e cattivo, tutte
le dualità sono la creazione dell'ego, che è a sua volta una creazione di maya - velo o potere illusorio e
proiettivo dell'universo. Queste possono essere approvate dalla società - hai
una sorta di stupida soddisfazione, perché la tua condotta è approvata dalla
gente e tu vieni rispettato. Quando
guardi dentro di te, devi essere in grado di vedere questa vanità, devi vedere
l'inutilità di questo tipo di vita. E' allora che giungi al precipizio - questo
è fin dove puoi arrivare, l'unico punto che puoi raggiungere. Oltre quello c'è Durga, l'inaccessibile.
Vedi che
questa conoscenza, questa acquisizione di nozioni che la società esalta, considerandola giusta, buona e saggia, è totalmente priva di valore; è allora che hai
raggiunto i limiti della tua propria mente, della tua stessa intelligenza.
15
dicembre
Quando ti rendi conto che anche quella che è chiamata
saggezza rientra nel campo di maya ed
è perciò disastrosa, allora che succede? Rimani esterrefatto perché sei giunto
al limite della ragione - tutto quello da cui sono dipeso finora è crollato;
pensavo che questo fosse giusto e ho seguito quel corso, ora all'improvviso
scopro che è inutile. Pensavo che questa fosse saggezza e conoscenza e mi ci
sono legato, all'improvviso ho scoperto che si tratta di maya. Sono giunto al limite del pensiero, alla conclusione
della logica, della mente e dell'intelletto.
Quando la
mente è così perplessa, si ferma: solo quella
mente che è giunta alla sua propria conclusione, che, per modo di dire, si è
suicidata, può essere ferma.
Così come
l'oceano può diventare assolutamente calmo, senza alcun'onda - eppure esserci ancora, essendo cessate solo le sue modificazioni come onde e correnti - così
l'intelligenza è lì, senza le modificazioni conosciute come pensieri, idee,
concetti e azioni.
17
dicembre
Qual è lo scopo della vita? C'è uno scopo o esistiamo
soltanto finché non moriamo? Qual è la mia relazione con voi? Qual è il
significato di "piacere e dolore"? In genere queste domande non
sorgono nella mente delle persone, finché queste non sono bruscamente scosse da
un trauma, un fallimento o una calamità.
La persona ordinaria è fin troppo occupata nello
sforzo per l'esistenza perché trovi il tempo per questo tipo di pensieri che
riguardano la vita. Uno è contento di esistere; a mala pena si può dire che
vive e, neanche le sofferenze riescono a svegliarlo: nelle situazioni dolorose
non fa che cambiare le sue strategie, incolpando i vicini o a volte se stesso e
cerca di essere felice con altri metodi. C'è il buio totale intorno a lui e anche la via d'uscita
è stata dimenticata.
In quei momenti, il Signore onnipotente ci concede dei
grandi maestri spirituali in grado di risvegliarci, che vengono a vivere con
noi. Differenti da noi, essi rivelano uno schema di vita che ha un significato
più grande del semplice aspettare la sua fine terrena. Se facciamo tesoro
dell'esempio e degli insegnamenti del maestro possiamo essere spiritualmente
curati e risvegliati. Se ignoriamo il messaggio del maestro, Dio, che è anche
la nostra madre benigna, ricorrerà ad altri metodi per ricordarci che viviamo
in un mondo di dolore e di morte. Prima o poi dobbiamo chiederci, "Qual è
lo scopo della vita?" La vita ha un obiettivo grandioso: trovare Dio che è
la suprema beatitudine.
18 dicembre
Dobbiamo avere un salvatore personale o Dio viene a
prenderci? No. Non saprete quando sarete idonei per la realizzazione del sé;
dovrete arrendervi e quando vi sarete veramente arresi, non saprete se la resa
è totale: se lo saprete, allora non vi siete arresi. Se io sono in grado di
dire "sto dormendo", allora non sto dormendo. A meno che l'ego non
sia totalmente perso, Dio non sarà sperimentato; il finito non può avere
esperienza dell'infinito. La mia mente limitata sta cercando di avere
esperienza dell'onnipresenza di Dio, se cerchiamo di raggiungere l'infinito con
strumenti limitati, abbiamo problemi, pasticci, confusione, peccato e mal di
testa. E' qui che rimaniamo intrappolati. Kṛṣṇa dice: "Continua ad
impegnarti, mantieni la pratica e, quando il momento arriva ti libererò".
"Tu non puoi vedermi con i tuoi occhi; i tuoi
occhi sono limitati, non ingannare te stesso". Questo si riferisce non
solo agli occhi fisici ma si riferisce ai nostri occhi mentali. L'ego non può
percepire Dio: quello che l'ego percepisce è la sua stessa immagine. Perciò
Kṛṣṇa disse: "Ti darò l'occhio divino". L'occhio divino è l'occhio che
percepisce il divino ed è completamente liberò da qualsiasi materialità. Io non
posso aprire da me stesso quell'occhio divino. Quello è lo scopo del buddhi yoga.
19 dicembre
La parola è la scrittura, la verità, la più alta
saggezza, la coscienza che è Dio stesso ma, finché la verità non è scoperta e
realizzata, la parola rimane un libro chiuso, un tesoro nascosto. Il cibo al di
fuori del corpo si decompone mentre lo stesso cibo, ingerito, digerito e
assimilato, diventa corpo, diventa "me", diventa sostanza vivente. La
scrittura al di fuori del proprio sé è un peso morto, perché crea l'illusione
della conoscenza, bloccando così la scoperta o la realizzazione.
Quando la stessa scrittura (la parola) è scoperta, è
svelata ed è vista nella luce, allora viene assimilata. C'è identicità tra la
verità e lo scopritore, tra il cercatore e il cercato. La parola diventa carne,
essere spirituale; non è un corpo estraneo sospeso nello stomaco, non è neanche
una "parte" del proprio essere: è il proprio essere stesso.
Quella è religione; quella è santa comunione, quello è
yoga. Questa luce è dentro ognuno di noi e dev'essere diligentemente cercata
lì, nella meditazione. La meditazione in se stessa può sembrare come una
tecnica per cominciare ma, con la pratica persistente diventa la vita stessa.
Allora la vita quotidiana diventa vita divina.
20 dicembre
Noi pensiamo che le discussioni sulla realizzazione
del sé debbano essere tenute in una piacevole atmosfera spirituale, in una
foresta o in una grotta, dove nessuno viene ad irritarci, dove niente nasce,
niente muore.
Il problema è qui ed ora, la battaglia è qui, la
difficoltà è qui. Cosa devo fare con questi rumori, con questa moglie brontolona,
questo marito ubriaco? Il bisogno della Bhagavad Gita è qui; è qui che dev'essere
messa in pratica.
Occasionalmente puoi allontanarti ma non portarti
dietro la radiolina. Siediti e medita; almeno questo ti impedirà di perdere la
testa. Il bisogno di realizzare il sé è nella battaglia della vita. Io sono il
creatore di questa battaglia; io sono la battaglia. Se fuggo via da questa battaglia,
dovrò ritornarci. Per risolvere questo problema una volta per tutte, devo
esserci. Devo realizzare la mia vera identità: questo corpo è considerato
"te" ma in realtà è patate e vegetali. Se comprendo questo, allora so
cosa fare.
21 dicembre
Insegnare e imparare non sono sempre quello che generalmente
intendiamo; ci sono livelli di comunicazione, completamente differenti dalla
comunicazione verbale. Lo yogi accetta questo: che lo yoga vada appreso da un
insegnante ma che quell'apprendimento non è quello che comunemente consideriamo
"imparare". Si tratta di comunicazione e quella comunicazione può
aver luogo a livelli sconosciuti.
Si racconta un aneddoto su San Francesco d'Assisi. San
Francesco era un santo semplice, amorevole, umile, che insegnava alla gente
come essere amorevoli, gentili e in particolare come vivere una vita di
povertà, non quel tipo di povertà sgradevole, ma ad essere povero nello spirito.
Sembra che un giorno camminava lungo un paesetto e delle persone cominciarono a
seguirlo. Anche in quell'occasione era molto semplice e umile; probabilmente
guardava giù per terra con passi attenti, lenti e delicati, senza schiacciare
neanche una formica sotto i piedi.
Qualcuno lo fermò e disse: "Ehi, sei tu il
maestro che stavamo aspettando?"
"Avete aspettato me?" disse lui.
"Sì, qualcuno è andato dicendo che stava
arrivando un grande maestro per illuminarci. Non ci insegnerai?"
Francesco guardò quest'uomo e disse: "Se non hai
imparato finora, non posso insegnarti altro. Se non hai avuto la capacità di
osservare, dirti delle parole non ti sarà di alcuna utilità".
27 dicembre
Quel
potere che un giorno deciderà che dovrai smettere di respirare per sempre,
funziona in tutti noi. Colui al quale questo potere appartiene è l’essere
cosmico o Dio. In relazione a Lui, forse noi siamo come le cellule in un corpo.
I cambiamenti che avvengono in quella persona sono da noi chiamati nascita,
morte, reincarnazione e così via.
Dio
soltanto esiste; in lui non ci sono distinzioni tra senziente e insenziente;
quest’ultimo (il mondo materiale), è simile ai nostri capelli e alle nostre
unghie. C’è una bellezza in questa visione e con questa coltiviamo non solo
rispetto per ogni forma di vita ma anche una forma di riverenza per tutte le
cose in questo mondo.
Tutte
le azioni che sorgono da questa visione sono chiamate Karma Yoga. Il Karma Yoga
è la pietra di paragone per la verità della meditazione e la meditazione
certamente annullerà le distinzioni che sono create dalla mente, le quali
creano l’egoismo, l’ira, la lussuria, l’avidità e così via. Il Karma Yoga è
quando la meditazione e la vita fondono in uno.
28 dicembre
Di cosa abbiamo paura? Della morte? La cosa
più stolta del mondo è la paura della morte, perché la morte è inevitabile.
Posso aver paura di te; questo ha un senso, perché posso evitarti; posso aver
paura di prendermi un raffreddore e posso prevenirlo coprendomi con uno
scialle: Ma come posso evitare la morte?
Poi ancora, che senso ha dire: "Ho
paura di perdere le mie proprietà o di ammalarmi?" Ogni cosa è soggetta a
cambiamento, c'è cambiamento di giorno in giorno; una volta che vedo la verità,
non c'è più la paura. E' questo che dicono le sacre scritture: "La verità
vi renderà liberi." Quello che non vi libera dalla paura non è la verità.
Se credi in un certo dio e questo ti
incute paura, quello non è Dio. Perché dovrei avere paura di Dio che è
onnipresente? Se ho paura di te, posso correre via da te ma, posso fuggire da
un Dio onnipresente? Perciò non posso temere Dio - quello che non mi libera
dalla paura non è divino.
La Bhagavad Gita dice: "Con il mero ricordo di
questa grande verità sono libero dalla paura".
29 dicembre
La vita mortale è una pagliuzza spinta dalla bufera eppure la sua
essenza immortale è lo spazio indisturbato dalla tempesta. La vita mortale è
limitata dalla nascita e dalla morte ma l'immortale non nasce e non muore. Uno
spiraglio dell'immortalità vi rende impavidi e la realizzazione che tutto ciò
che nasce deve morire vi rende ugualmente liberi dalla paura.
I tentativi diabolici dell'uomo egoista di acquisire potere, posizione
e prestigio lo portano comunque alla tomba dove viene calpestato da quelli di
cui aveva approfittato.
O Vita! Chi sei? Con il ticchettio dell'orologio, il sorgere e il
tramontare del sole, il cambiamento del calendario, dove stai portando
quest'anima non nata e immortale? Tu sei insopportabilmente esigente nelle tue
richieste, eppure quelli che hanno occhi per vedere si rendono conto che
mangiare non è per appagare la fame, perché questa non viene mai appagata, ma è
per riscoprire la nostra essenza che è al di là della fame e della sete, del
peccato e della sofferenza. La vita è per la realizzazione di quell'essenza,
l'antitesi dell'egoismo e dell'auto-ingrandimento. Lo scopo della vita è
l'immortalità, al di là del mondo.
Sii buono, fai il bene sono il modo di prepararsi; servi, ama, medita,
realizza, sono i gradini. L'amore cosmico è la chiave. Questa è la verità, è
l'essenza. Questo vi renderà liberi qui ed ora.
30 dicembre
Con l'avvicinarsi del Capodanno, ognuno
di noi è pieno di aspettative per il Nuovo Anno. Collegata a queste c'è la
domanda: "Qual è lo scopo della mia vita?" Una volta vidi sotto il
vetro della scrivania di un grande imprenditore un grande poster con le parole:
"Dio! Fammi conoscere la tua volontà in modo che possa eseguirla".
Quale straordinaria preghiera ma, chi deve rispondere a quella domanda? Tu
stesso!
Come e quando saprò qual è la mia
missione? Quando conoscerò me stesso ovviamente. In realtà quella stessa è la
tua missione - conoscere la tua essenza. Se hai realmente e veramente trovato
la tua essenza, allora con il semplice essere te stesso compirai la tua
missione! Ovviamente non ti comporterai come quello stolto aspirante spirituale
che scrisse a Swami Sivananda: "Ho realizzato il sé, adesso, ti prego
dimmi cosa devo fare".
Una rosa è una rosa, perché è una rosa.
E' unica nella divina creazione così come lo siete voi. Una rosa ha il dolce
profumo di una rosa perché non vuole essere un fior di loto o un gelsomino. Tu
puoi adempiere la tua missione se sei te stesso e non l'imitazione del signor X
o della signora Y. Confrontarsi o conformarsi a qualcun altro è una perdita di
tempo.
Nel Nuovo Anno possiate voi essere voi
stessi. Possa tu, fiore unico e fragrante nel giardino cosmico del Signore
vivere la vita divina di verità, amore e purezza.