10-OTTOBRE


Swami Venkatesananda   7 Ottobre

Il concetto di dharma, o proprio compito o dovere è molto difficile da afferrare, perché non può essere portato a livello concettuale o intellettuale; non è una formula che si possa imparare a memoria e applicare nella propria vita. Se siete molto attenti, vi rendete conto che la vostra idea attuale del vostro dovere o compito nella vita è molto diversa di com’era qualche anno fa.
Allora il dovere è qualcosa che cambia continuamente? Chi può dircelo? Non è qualcosa che la mente o l’intelletto possano creare: è invece qualcosa che è. Una volta che riconoscete questo, scoprite che dovere, natura, volontà di Dio o grazia di Dio, sono tutti sinonimi. Non potete agire contro il vostro dovere, perché quella è la vostra natura e non potete violare la vostra natura. E’ naturale per un uccello volare, ma non per me; se salto da un balcone, la natura asserisce se stessa, non la mia immaginaria capacità di volare. La natura trionfa in ogni momento: allora, posso scoprire quella natura? Dev’essere scoperta adesso, ogni giorno; è allora che quello che è il mio dovere o il mio compito diventa chiaro.
Come mai dev’esserci sempre qualcuno che ci dica qual è il nostro dovere? E’ perché la nostra attenzione è altrove. Non sto scoprendo la mia natura, ma sono più interessato a nascondere la mia natura e ad agire come se fossi qualcos’altro. Guardo qualcun altro e mi paragono a lui. Questo è un altro infelice passatempo, perché non fa altro che indurci in errore.
8 Ottobre

Non sto guardando la mia natura, ma sto guardando qualcun altro. Poi da questo nasce l’invidia e il desiderio, da questo nasce l’avidità e di conseguenza la frustrazione e da questa l’ignoranza si aggrava. Sto costantemente guardando all’esterno e chiedendomi: “Cosa posso guadagnare da tutto questo?”
Il proprio compito non può essere imparato da qualcun altro, ma può solo essere scoperto osservando la propria natura. L’espressione spontanea di quella natura è il proprio dovere. In quello non ci sono comandamenti e imposizioni esterne.
Quando volto l’attenzione dentro, per vedere qual è la mia natura fondamentale, cosa vedo per primo? Non vedo qual è la mia natura, ma vedo che sono avido, che mi irrito facilmente, che sono orgoglioso e che cerco il prestigio. Queste cose vengono fuori, quando guardo direttamente dentro di me. Perciò: posso dire che questa è la mia natura, che sono una persona con un cattivo temperamento? Vedo che perdo facilmente la pazienza e m’infastidisco: posso dire che questa è la mia natura? Quello che è naturale per me deve anche essere costante. Finché c’è vita, finché c’è coscienza, anche questa qualità dev’esserci.

9 Ottobre

Io sono un essere umano e, finché c’è vita, finché c’è coscienza, so che sono un uomo, non un cane. Posso anche dire, allo stesso modo che sono sempre irritato? Pochi di noi possono affermarlo. A volte sorrido, non sono sempre arrabbiato: almeno spero! Perciò, neanche questo è naturale per me. Si presenta solo in certe situazioni. Quello che è naturale sarà costante e invariabile; perciò quest’ira non è naturale, ma è una perversione. Quando osservo questa perversione, vedo che non sto vivendo una vita naturale e perciò non sto facendo il mio compito.
Quando la vita diventa sempre più naturale, quella che è la propria natura e quindi il proprio compito si manifesta, insieme ad un grande senso di bellezza nella propria vita. E’ allora che uno procede con l’inevitabile passo successivo. Se questo è naturale per me, cos’è questo “me”? Se dico che questa è la mia natura, allora cos’è “me” in questa “mia natura”? Anche questa inchiesta porta alla scoperta di sé e all’illuminazione.
Perciò, se impari a fare il tuo dovere in questa maniera, il tuo cuore diventa puro ed in quel cuore puro c’è la realizzazione del sé. Questa è l’essenza del karma yoga. Il karma yoga non è fare il proprio dovere come dettato da altri; karma yoga non è fare qualcosa, pensando che si tratti di un’azione altruistica. Karma yoga è entrare direttamente nella propria natura interiore per scoprire cos’è il sé.

25 Ottobre
L’uomo ha messo piede sulla luna e ha cominciato a esplorare il pianeta marte; l’esplorazione dello spazio esteriore progredisce con grande rapidità e con spese ancora più grandi.
Durante un seminario annuale di quindici giorni, con un gruppo d’insegnanti di yoga, abbiamo cercato di esplorare lo spazio interiore. Marte può essere o non essere il dio della guerra, ma l’uomo lo è. La luna può essere o non essere responsabile dei cambiamenti d’umore della mente, ma l’uomo stesso è responsabile delle sue emozioni. Chi è responsabile dell’infelicità dell’uomo se non lui stesso?
Cos’è l’emozione? Cos’è l’infelicità? Perché l’uomo è infelice?
La parola che descrive l’angoscia o l’infelicità in sanscrito è dukham. Kham significa spazio e il prefisso du indica che lo spazio è cattivo, negativo, inquinato. Dukham significa letteralmente che c’è uno spazio dentro e intorno alla persona, che è inquinato!
Prima di tutto, come mai l’uomo ha creato questo spazio intorno a sé? Sicuramente perché ha pensato di essere separato e indipendente e dal resto dell’universo. Questo è il pensiero che dà origine all’idea di “io” e genera, a sua volta, altri pensieri in modo da assumere e stabilire una relazione tra l’individuo e il resto dell’universo. Questi pensieri inquinano lo spazio interiore.

26 Ottobre
La salute, la felicità, la guarigione, la santità, la pace, il potere, l’illuminazione e l’estasi sono una sola cosa e questa è al di là del “me” o senso dell’ego, che il mio guru Swami Sivananda definiva come “auto-asserente, rajasico (possessivo) e arrogante”. L’ego asserisce se stesso e assume un’importanza che non ha; l’ego pensa di sostenere la vita, di essere indispensabile e che senza di sé la vita non possa andare avanti in questo mondo.
Avete sicuramente visto antiche ville o palazzi le cui colonne sono formate da robuste statue di uomini o donne che sembrano sostenere l’edificio con la testa e le mani; nella maggior parte dei casi queste statue sono considerate indispensabili e perciò non hanno le gambe (per impedire che fuggano via, abbandonando l’edificio che devono sostenere).
E’ questa stolta idea che noi sosteniamo il mondo che crea i problemi. E’ questo “io” auto-asserente che crea i problemi. Perciò Swami Sivananda cantava:
“Quando sarò libero? Quando l’io cessa di essere”.
Quando l’io smette di essere c’è salute, felicità, armonia, santità e guarigione. Tale armonia è yoga. Il prāna fluisce, l’amore fluisce, Dio è.

                                                              30 Ottobre

      Qual è il significato  dell’infelicità? Chi è che soffre? Cosa s’intende per felicità è chi ne ha esperienza? Mi sto riferendo alla felicità fisica? Fisicamente forse c’è sia del piacere che dolore. Il corpo viene in contatto con il mondo esterno; questo corpo è materia come lo è il mondo esterno. Quando questi due vengono in contatto, interagiscono: questo è un puro e semplice fenomeno fisico. I terminali nervosi vengono eccitati e un tipo di eccitamento dei nervi è chiamato piacere mentre un altro è chiamato dolore. 

      Al di là del comune fattore dell’eccitazione dei nervi, c'è un'altra interessante verità che concerne il piacere ed il dolore. L'essere umano può solo apprezzare una certo grado di piacere e dolore; oltre quello, sono esattamente la stessa esperienza. Soffriamo della terribile illusione che più piacere , meglio è ma non è così. Uno diventa inconscio per il dolore è sviene per il piacere – hanno esattamente lo stesso effetto. Similmente si piange di dolore e si piange di piacere – le lacrime sono le stesse. Dunque né il corpo né gli oggetti esterni determinano la definizione di piacere e dolore, di felicità e infelicità.