Venkatesa 16 settembre
Lavoriamo per
la pace e il mondo va in frantumi. Perché? Parliamo di pace e finiamo per
litigare. Perché? Quando impareremo a fare una pausa e riflettere? Quando
impareremo a valutare correttamente i problemi che abbiamo davanti e ad
estirpare le radici delle nostre afflizioni? Queste radici furono esposte
migliaia di anni fa dai saggi vedici, da Krishna, Buddha, Mosè, Gesù e
Maometto. In lingue diverse essi ci ricordano che il desiderio egoistico,
l’ignoranza e l’inerzia sono le cause del peccato e della sofferenza. Una vita
illuminata di amore, carità, servizio dinamico non egoistico soltanto può
assicurare la nostra felicità e pace.
Vivere è
volgersi via dal male ed è il male che agisce come velo nascondendo Dio. Anche
vivere non è sufficiente. Il piccolo ‘io’ non divino, l’ego, la radice di ogni
egoismo è lì. Dev’essere lasciato cadere e dobbiamo sentire che noi non siamo
niente, che l’io è zero. Questo zero è pieno, completo, perfetto, la lettera
“O” è l’unica che ritorna al punto di partenza ed è uguale in tutte le
direzioni.
Quando questo
zero (la lettera “O”) sostituisce “io”, veramente viviamo, amiamo tutti. Questo
il mio maestro chiamava vita divina. Amare tutti, servire amorevolmente tutti
sentendo che Dio dimora in tutti, che Dio è la realtà in se stessi - è vita
divina.
Venkatesa 21-24 settembre
E’ possibile liberarsi dall’egoismo e diventare
così direttamente consapevoli di cos’è questo sé? Cos’è questo sé? Abbiamo
completamente trascurato questa domanda e invece ci siamo dati da fare a creare
relazioni, famiglia, proprietà, moltiplicando all’infinito i nostri problemi e
sforzandoci poi di venirne fuori e creandone così di nuovi.
Uno pensa: “Non
sono sposato, sono solo, non c’è nessuno che si prenda cura di me; se mi sposo,
il problema è risolto”. Quindi mi sposo - e poi scopro che il mio problema si è
raddoppiato; siamo entrambi insoddisfatti, annoiati, lei sta sempre a cercare i
miei difetti. Allora sposterò la sua attenzione: facciamo un bambino, così
quando il bambino piange, non penserà al mio russare”.
Così il problema è risolto? No, si è triplicato.
Questo continua finché a un certo punto divorziamo e ricomincio da uno! Ancora
una volta mi sento solo e cerco una compagna e il problema va avanti, finché
non comincio a rivolgere lo sguardo dentro e vedo me, l’ego, la personalità
così com’è. C’è quest’assenza, questo vuoto che attira tutti i problemi verso di
sé: devo diventare consapevole di questo vuoto. E’ proprio l’io o la personalità
che invita tutti i problemi, come il vuoto d’aria dell’aspirapolvere attira
tutto verso di sé.
Quello che diventa consapevole del vuoto interiore
non è vuoto ma è vedere con la luce della saggezza o un raggio della luce
divina. Prima uno deve liberarsi completamente di tutte quelle immagini costruite
per riempire il vuoto – l’immagine di Dio, l’immagine della sicurezza, l’immagine
chiamata mia moglie, l’immagine chiamata i miei figli – e mettere a fuoco l’attenzione
solo e completamente su questo vuoto interiore.
Poi lascia che la domanda sorga – non posso
formularla, deve sorgere – “Chi è che è consapevole di me?” Chi è
consapevole di questo me che è vuoto e che si è perciò riempito di concetti di ogni
sorta – concetti di religione, concetti di etica, concetti di moralità,
concetti di un ruolo; io sono il marito e lei è la moglie, io sono il padre e
loro sono i miei figli.
Tutti questi concetti si sono riversati in quel
vuoto, questo è il nostro errore: manteniamo il vuoto nel suo stato di gloria e
cerchiamo di liberarci dei nostri problemi ma il vuoto è ancora lì e attrarrà
qualcos’altro.
Non voglio avere figli, invece posso farmi un po’
di discepoli. Non voglio avere delle proprietà ma, se il vuoto è ancora lì, potrei
costruirmi un ashram…
Devo vedere il vuoto per quello che è ed essere
pronto in un istante a smettere di guardare da questo vuoto, a smettere
di dislocare me stesso lì e di identificarmi con esso e con quello che contiene.
Il fatto è che c’è un vuoto, un’assenza ma, incapace di tollerare questo, gli
ho dato un nome e ora giudico te e il mondo da quello.
C’è una consapevolezza che guarda questo vuoto,
guarda questa personalità, guarda questo io o ego e vede che fino a quando la
mia vita è basata su quello che viene dettato da questo vuoto o il suo
contenuto, continuerà a creare dei circoli viziosi. Ecco tutto: questo è il
limite che voi ed io possiamo raggiungere. La domanda dovrà sorgere, uno di
questi giorni: “Chi è che è consapevole di questo vuoto?” Allora c’è quella che
è chiamata illuminazione. Quella vita illuminata è vita divina.
Quando realmente e sinceramente preghiamo, vediamo
l’intera vita sotto una luce completamente diversa – che c’è l’immortalità
senza alcuna connotazione metafisica e che la nascita, la morte, la vecchiaia,
il dolore e quella che è chiamata sofferenza sono tutti visti come parte di un
fiume perenne, che cambia continuamente eppure è sempre lo stesso. Tutta la
nostra preghiera è fatta perché ci risvegliamo a questa verità.