08 Venkatesa, Agosto







Venkatesa daily Readings,  11 Agosto 
Il nostro maestro, Swami Sivananda prescriveva una soluzione immediata ai problemi delle persone che andavano da lui; qualunque fosse il problema e chiunque lo avesse, lui prescriveva invariabilmente il japa (giapa) di un mantra. Quando questo veniva praticato, i rimedi appropriati per quel problema specifico "apparivano". Il devoto sapeva che era un miracolo di Gurudev e il maestro stesso dolcemente osservava: "E' tutto merito della Grazia di Dio".

Cosa c'è nel mantra che rende questo possibile? Cos'è un mantra? Specificamente, un mantra è una "formula mistica". Può essere il nome di Dio, può essere un sano consiglio che ti trasforma la vita. Può essere una parola potente attraverso la quale, l'energia spirituale del maestro è trasmessa al discepolo e l'energia di quest'ultimo viene attivata. Questo è chiamato shakti-pata.

Shakti-pata è molto enfatizzato negli insegnamenti di Baba Muktananda Paramahamsa. Bhagavan Ramana Maharishi ne parla nei suoi "Discorsi", affermando che quando il discepolo ascolta il maestro con il cuore (mentre l'intelletto è in completo silenzio) shakti-pata ha luogo e questa è "l'iniziazione".


12 Agosto

Una volta che è stato iniziato nel mantra, il discepolo pratica il japa; japa è la ripetizione del mantra. Il discepolo deve scoprire il significato del mantra. Il significato del mantra è la realtà, la vera essenza che esso rappresenta; perciò, la realizzazione del significato del mantra è lo stesso della realizzazione della verità, dell'io, di Dio o della coscienza cosmica, o in qualunque modo possa essere chiamato; fintanto che si realizzi che la verità non è nessuna delle tante descrizioni verbali che si possano fare del mantra.
Ramana Maharishi chiede al discepolo di mettere a fuoco la sua attenzione sul suono del mantra e vedere prima da dove viene e poi chi lo pronuncia e chi lo ode. La risposta è "se stesso" - non come frase ma come la realtà!

Se è così, perché uno dovrebbe fare il japa che implica la ripetizione del mantra?
L'ovvia risposta è: se uno è capace di realizzare il sé appena ripete il mantra per una sola volta, non è necessario ripeterlo più ma, se uno non riesce a trovare l'origine del mantra, il sé, allora uno lo ripete.


13 Agosto

L'atto stesso della ripetizione del mantra (se questo atto è onesto, sincero e serio) è in grado di purificare la mente - che semplicemente significa "liberare la mente da tutti gli altri pensieri, concetti e precetti". Se tale purificazione non avviene, ovviamente la sincerità è assente.
Un cuore puro istantaneamente realizza il mantra come il sé o la coscienza che è l'onnipresenza interiore, la realtà trascendentale. Nell'ignoranza c'era una nozione sbagliata, "io ripeto il mantra" intrattenuta dal senso dell'ego.
Quando l'nconsistenza di quest'assunzione è direttamente realizzata, alla luce della verità, il discepolo vede che similmente altre nozioni egoistiche come, "io faccio questo" "io ho esperienza di questo" sono false. Queste sono nozioni la cui realtà è la coscienza, che non viene modificata da queste nozioni stesse.
In maniera simile, la vita è - e non è modificata dalle azioni e dalle esperienze. La luce di questa realizzazione spazza via le ombre oscure o i problemi che sembravano esistere in uno stato d'ignoranza.


14 Agosto

Sono convinto che karma sia "azione" e non "fato", che noi non soffriamo a causa di qualche sconosciuto peccato, commesso in un lontano passato ma a causa dello stato del nostro essere proprio ora, e che la conseguenza più spaventosa del passato sia la tendenza ripetitiva, che l'azione del passato lascia nella nostra mente.

Questa è la ragione per cui la nostra vita si svolge in cerchi. Attribuiamo la responsabilità della nostra condizione attuale a un remoto passato, ignorando la causa immediata (che può anche essere la stessa della causa remota). Il problema è dentro di me, il problema sono io, non quello che ho fatto tanto tempo fa. E' più utile dunque, che guardiamo dentro subito, adesso e scopriamo la causa presente del conflitto o dell'infelicità attuale, senza collegarla a un karma o legame del passato.

Collegarlo a un karma passato può diluire l'osservazione e renderla inefficace e inadeguata a produrre un cambiamento immediato. Un cambiamento immediato può solo essere il risultato di un'osservazione diretta. L'osservazione diretta può solo essere di quello che c'è adesso, anche se non definibile. E' quello che c'è adesso che sta buttando fuori tutto questo dolore e questo conflitto. Se diventiamo intensamente consapevoli di cosa c'è adesso, il cambiamento può anche essere immediato e radicale.

E' questo che gli yogi intendevano quando affermarono che la realizzazione del sé pone fine immediatamente a tutto il karma.


15 Agosto

Nei primi mesi del 1961 ebbi per l'ultima volta, il darshan (Darshan è il contatto visivo con l'immagine di una divinità o una persona reverenda, cui si attribuisce un effetto ispiratore e di buon auspicio) di Swami Purushottamananda, un grande eremita e saggio. Quest'uomo meraviglioso era vissuto per molti anni in una grotta delle montagne imalayane, conducendo un tipo di vita semplice e ascetica che molti di voi credo non possano neanche immaginare, perché la mente può solo comprendere le cose che riesce a paragonare con qualcosa che già conosce. Per molto tempo, i suoi unici amici erano stati le tigri e i ghepardi delle foreste dell'Imalaya.

Negli ultimi anni andavamo spesso a visitarlo e ricevere il suo darhan. Era quel tipo di persona molto austera e severa ma, nello stesso tempo, profondamente amorevole. Lui stesso veniva spesso all'ashram e Swami Sivananda gli aveva chiesto di tenere un discorso al Convegno Interreligioso del 1953. Quando fu il suo turno, fu invitato a salire su una grande cattedra - una persona minuta seduta nella posizione del diamante - e tutti lo stavano osservando, aspettando che pronunciasse il suo discorso. Disse una parola, "Sincerità". La sua conferenza fu quella parola ripetuta tre volte:
"Sincerità, sincerità, sincerità".


Quindi si alzò e riprese il suo posto.
Per me quella fu la conferenza più bella del mondo.



16 Agosto 

Perché ci rechiamo da queste persone sagge e, cosa riceviamo da loro? Parliamo con loro e diciamo:
"Swamiji, io fumo".
"Fumi - cosa vuoi che faccio per te, che ti produco delle sigarette?"
"Veramente, Swamiji, mi piacerebbe molto smettere".
"Ah sì, allora, cosa te lo impedisce?"
"E' che mi piace fumare, Swamiji!"

Quando vai da una persona spirituale, osserva te stesso, per quale motivo ci vai? Hai un problema, dici che vuoi smettere, allora perché non lo fai? Dopo che hai acceso una sigaretta, appoggiala e siediti a guardarla. Forse la sigaretta ti salta in bocca e ti dice, "Ti prego, fumami?" Non lo fa; allora perché dovresti smettere di fumare? Innanzi tutto, perché dovresti cominciare a fumare? Non ti sei mai chiesto questa domanda.

Io non ho bisogno di qualcuno che venga e mi dica come devo fare a smettere di litigare con te - non voglio litigare con te e, se non voglio, può qualcuno costringermi a farlo? Così, se tu dici, "Voglio smettere di fumare ma mi piace", allora fuma, continua a fumare. E' un terribile peccato abbandonare qualcosa o qualcuno che ami, che si tratti delle sigarette o di tua moglie. Fuma finché non ti brucerà le labbra e i polmoni perché, finché non sei tu a decidere di non prendere la prossima sigaretta, nessuno in questo mondo può aiutarti.



17 Agosto

Quando mi reco da una persona spirituale devo chiedermi cosa mi darà? Perché non dovrei chiedermi cosa darò io a lui? E' facile offrire un fiore, è facile offrire un frutto e forse anche offrire dei soldi ma, quello che è più difficile è offrire te stesso! Invece di chiedermi cosa otterrò da lui, perché non dovrei avvicinarmi alla persona spirituale con questo sentimento: "Voglio offrire me stesso a lui"? Se lo faccio per un solo istante, tutti i miei problemi sono risolti, tutti i miei problemi sono superati. Se mi accorgo che i miei vestiti stanno diventando sporchi, logori e non ho nessuno che me li lavi, che devo fare? Togliere tutti i vestiti e camminare nudo - la radice del problema è stata distrutta.

Ad un certo punto mi rendo conto che tutti i problemi sono creati da "me". Io voglio questo, io voglio quello. Ho un sacco di problemi ma tutti, alla base hanno l'egotismo.  C'è forse un singolo problema nella nostra vita che non possa essere riportato a questo, all'idea di sé?
Se mi libero di questo, sono libero. Quando una persona sincera va da un guru non chiede mai, "Cosa puoi darmi?" tutto quello che desidera è di donare se stesso al guru in modo che negativamente il problema è risolto. Negativamente nel senso che mi sono liberato di questo grosso problema, l'egotismo: non c'è più, tutto qui, è finito.




18 agosto

C'è un bel dipinto di un famoso artista; rappresenta la storia di un saggio che si era innamorato di una ninfa e con lei aveva avuto un figlio. All'improvviso, si rende conto di essere caduto dal suo ascetismo e, pieno d'ira si allontana da loro: non volendo neanche guardarli, si copre gli occhi. Dallo spazio tra le sue dita però, un occhio sta ancora sbirciando; una piccola parte di lui vuole ancora guardare.

Quindi, voglio voltarmi via da una vita egoistica, voglio allontanarmi da questo mondo ed essere libero, ma dall'angolo di un occhio sto ancora guardando - "Ho rinunciato all'egoismo, cosa ottengo come risultato per aver rinunciato all'egoismo?" Questa è la cosa più difficile da fare nella vita, perché ci siamo abituati a pensare in termini logici - quando rinuncio a qualcosa ne ottengo un'altra. Ci è stato insegnato che se soffriamo in questo mondo andremo in paradiso e lì gioiremo. Siamo stati condizionati a pensare che per gioire nel futuro dobbiamo soffrire adesso. Il soffrire è dunque direttamente legato ad un qualche piacere futuro. Non riusciamo ad abbandonare completamente l'idea di piacere.


Lasciatela andare, non legatevi a questa idea di un piacere ne presente ne futuro, ne fisico ne spirituale. Io non lo voglio affatto, è solo un fastidio.


19 Agosto
 
Andiamo dal maestro solo per ascoltare quello che vogliamo sentirci dire, solo per ottenere qualcosa da lui? Se vado dal maestro, devo andarci simbolicamente portando un fiore in mano: "E' il fiore del mio cuore che offro ai tuoi piedi".
Avendo offerto me stesso ai suoi piedi, resto lì, senza aspettarmi niente, sapendo che l'aspettativa stessa è la madre dell'infelicità e di ogni dolore.
Perciò, quei discepoli e devoti che sono sinceri vanno dalla persona spirituale per il darshan: questo darshan è una cosa strana, particolare: significa vedere. Riesco ad aprire gli occhi e vedere? Oppure vado da questo sant'uomo con una mia propria immagine, con il vestito di un personaggio già preparato e gli chiedo di indossarlo? Allora non sto avendo il darshan; per avere il darshan di quella persona spirituale devo andare lì completamente libero e, solo allora forse, posso essere capace di guardarlo.
Darshan significa guardare ma non è guardare come quando si va in un museo e si guardano i dipinti e le statue: questo è facile ma, per poter guardare un uomo, un essere vivente con tutto il mio essere, devo essere così completamente puro che ciò che è viene visto, ciò che è diventa conosciuto. Quello è chiamato darshan.



20 Agosto

Nel primo giorno di vita tutti i bambini hanno un aspetto simile ma, crescendo, ognuno comincia a somigliare ai propri genitori. Nel momento del concepimento, in quell'ovulo fecondato c'è già nascosta l'intera immagine del futuro uomo o della futura donna.
Se osservate il modo in cui il corpo si sviluppa, capite subito il messaggio vitale della crescita. Il modello di sviluppo non è qualcosa di importato dall'esterno, è già lì. Se tagliate a metà una noce di cocco ancora piccola, vedete che è tutta polpa: durante il processo di maturazione, nessuno va ad aprirla per versarvi dell'acqua eppure, in qualche modo, proprio al centro del frutto si forma il gustoso latte di cocco. Il guscio si forma e nessuno lo ha rotto o vi ha praticato un foro per riempirlo di liquido.

Allo stesso modo, anche voi ed io abbiamo il nostro sviluppo, come ogni crescita, dall'interno verso l'esterno: è un dispiegarsi continuo; per questo nella mitologia indiana c'è un fior di loto associato ad ogni divinità. La divinità non è qualcosa che posso ricevere da fuori: deve semplicemente sbocciare!